Anche Madre Teresa visse la notte della fede

Renato Farina racconta in un libro le crisi spirituali della beata di Calcutta

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di Luca Marcolivio

ROMA, mercoledì, 2 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Anche la splendida vita di una santa incrollabile come Madre Teresa di Calcutta è stata attraversata da dubbi, malinconie ed aridità spirituali. Dalla fine degli anni ’40 fino alla morte, avvenuta nel 1997, la celebre religiosa albanese visse un lunghissimo momento di buio e di sensazione di lontananza da Dio.

La vicenda, già nota negli ambienti più vicini a Madre Teresa, è diventata di dominio pubblico nel 2007, allorché il Time pubblicò un dossier intitolato Mother Teresa’s Chrisis of Faith, in cui addirittura si insinuava il dubbio di una perdita della fede da parte della beata.

Il tema è stato poi ripreso nel saggio di Renato Farina, Madre Teresa. La notte della fede (Piemme, Milano, 2009). ZENIT ne ha intervistato l’autore che, il prossimo 8 dicembre, solennità dell’Immacolata Concezione, presenterà il suo libro a Tirana, in Albania.

Lei ha descritto il suo saggio come un giallo. Qual è il mistero in cui ci si imbatte analizzando la vita di Madre Teresa di Calcutta? Che soluzione ne ha ricavato?

Farina: Prendendo in esame la vicenda di Madre Teresa ho compreso che l’aridità spirituale è come il deserto per il popolo ebraico. Preannuncia l’arrivo nella terra del latte e del miele e li fa gustare di più. La mentalità moderna dà molto più peso al sentimento e al desiderio primordiale che non al giudizio di realtà e alla condizione oggettiva dell’uomo.

Madre Teresa con la sua esperienza ci insegna che più importante del nostro sentire è il fatto che Dio esiste e ci ama davvero. La fede può senz’altro produrre un riverbero sentimentale, tuttavia ciò che conta veramente è che Dio ci salva la vita. Il Signore se ne infischia dei nostri dubbi! La depressione o la malinconia non possono in nessun caso diventare un ostacolo alla nostra adesione alla Verità e alla Bellezza.

Madre Teresa, quindi, non ha mai preso a pretesto il sonno di Gesù sulla barca (Mc 4,35-41) per rinunciare alla carità. Lei amava definirsi ‘la matita di Dio’: beh, nel dire ciò era ben consapevole che una matita è fatta di legno e grafite. Avesse avuto a disposizione una bacchetta di melassa, il Signore non avrebbe potuto scrivere nulla, anzi… si sarebbe solo impiastricciato le mani.

Lei ha conosciuto personalmente Madre Teresa a metà degli anni ’80. Quale fu il suo impatto con questa donna straordinaria? Era intuibile il dramma che soffriva?

Farina: Madre Teresa patì per cinquant’anni la sua aridità spirituale, tuttavia non la fece mai pesare a nessuno. La sua carità era così immensa che non si sentì mai in diritto di far pesare ad altri il suo dramma. Di lei colpiva l’innata dolcezza, dietro la quale, però si intuiva una durezza interiore in qualche modo malcelata: in altre parole si capiva che era una persona che aveva sofferto.

Madre Teresa amava mettere alla prova i suoi interlocutori. Nel libro racconto di quando mia moglie ed io prendemmo contatto con lei, per avviare la pratica d’adozione di un bambino indiano. Salvo, poi venire a sapere che le adozioni erano riservate a coppie senza figli (noi già ne avevamo due). In questo modo Madre Teresa aveva voluto testare quanto autentico fosse il mio desiderio di paternità.

Di lei mi colpiva la semplicità della sua preghiera: che tu sprofondi agli inferi o vai al settimo cielo, l’unica possibilità di essere uomini è mendicare l’amore di Dio. Madre Teresa affermava che la via maestra per arrivare a Gesù è pregare la Madonna: l’amore per Cristo e quello per Maria non si possono disgiungere. In fondo non c’era proprio Lei ai piedi della Croce?

Madre Teresa è stata una santa ‘estrema’. Fu estrema soprattutto nell’amore perché era consapevole che l’amore di Dio c’è. La certezza dell’amore di Dio le veniva dalla ragione prima ancora che dalla fede. Prima ancora che figlia di sua madre e di suo padre si sentiva figlia di Dio e da lui creata per amore.

Una delle più grandi battaglie di Madre Teresa fu quella contro l’aborto. La sua identificazione con i bambini rifiutati nasceva davvero in parallelo al suo dramma di sentirsi rifiutata da Dio, ovvero di soffrire l’aridità spirituale?

Farina: Non so se le cose stessero davvero così. In ogni caso è quello che ho voluto immaginare immedesimandomi in lei. Se c’era una cosa che faceva davvero infuriare Madre Teresa era proprio l’aborto. Con le donne e, ancor più, con i medici che lo praticavano era spietata. Sapeva che anche questo peccato può essere perdonato, tuttavia lo considerava una delle colpe più abominevoli.

Più volte nel corso del libro lei compie ampie digressioni su Santa Teresina di Lisieux e su don Luigi Giussani, due santi dell’età postmoderna, al pari di Madre Teresa. Cosa accomuna queste tre figure?

Farina: Santa Teresina e don Giussani sono ‘parenti stretti’ di Madre Teresa. Quest’ultima, del resto, scelse il suo nome da religiosa ispirandosi alla carmelitana francese. Le due Terese possono apparire due profili complementari: la santa di Lisieux è solitamente identificata con una spiritualità contemplativa, tutta fondata sulla preghiera, in altre parole una santa ed una monaca d’altri tempi; la beata di Calcutta, al contrario è vista come una donna in linea con l’attivismo tipico della modernità, la carità che si fa azione. In realtà dovremmo abbandonare questi luoghi comuni: non c’è nulla di più attivo dell’amore contemplativo e nulla di più capace di abbandono dell’amore attivo. Il cristianesimo è integrale: in ogni tempo e luogo la sua essenza è un sì detto in totale libertà.

Ho citato il mio maestro don Giussani perché da lui ho imparato ad amare Madre Teresa. La ‘parentela’ tra i due, in questo caso, è segnata dalla comune virtù dell’obbedienza. Entrambi inoltre, come Gesù, hanno provato commozione di fronte alle folle che non hanno conosciuto Cristo. Ciò che accomuna tutti i più grandi santi è, in primo luogo, la loro umanità: in fin dei conti, non c’è cosa più umana del cattolicesimo il quale passa necessariamente per l’umanità dei santi. La comunione dei santi è qualcosa di imprescindibile e anche i peccatori ne hanno bisogno.

In che modo, alla fine, Madre Teresa risulta vittoriosa sul buio che aveva raggelato la sua anima? Che insegnamento possono trarre dal suo dramma spirituale i cristiani del terzo millennio?

Farina: La sua forza è stata non smettere mai di pregare. Capì che tutto quello che aveva cercato nel volto dei santi non era affatto un’illusione. Madre Teresa ha cercato Dio nell’obbedienza. Ha saputo tendere la mano della sua misericordia a quella di Pietro, emblema della fede. Viceversa la fede non può andare avanti senza tendere la mano alla carità. Come diceva Urs von Balthasar, Pietro (la fede) non può andare avanti senza Giovanni (la carità). Lo stesso Giovanni Paolo II affermò che si non sarebbe potuto recare in India se non avesse trovato Madre Teresa ad accoglierlo.

Il riconoscimento della fede può avvenire perfettamente anche nell’aridità. Cristoforo Colombo, nei momenti di depressione, provava nostalgia dell’America: non poteva più vederla ma non poteva certo negare di averla scoperta. La vicenda di Madre Teresa raccontata nel mio libro può incoraggiarci a sopportare di più noi stessi e le nostre fragilità. Come diceva don Giussani: se non ci fosse la carità, nemmeno Dio potrebbe sopportare se stesso…

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ZENIT Staff

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