Amore, Obbedienza, Consolazione

Lectio Divina per la VI Domenica di Pasqua – Anno A – 25 maggio 2014

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Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente riflessione sulle letture liturgiche per la VI Domenica di Pasqua (Anno A). 

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LECTIO DIVINA

Rito Romano

At 8,5-8.14-17; Sal 65; 1Pt 3,15-18; Gv 14,15-21

Rito Ambrosiano

At 4,8-14; Sal 117; 1Cor 2,12-16; Gv 14,25-29

            1) La libertà è osservare i comandamenti.

Il Vangelo ci insegna che l’essenziale è amare Cristo e custodire la sua parola per attuarla, ed anche il brano evangelico di oggi mette a tema l’amore: “Se mi amate … chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Gv 14, 15.21). L’amore, che Gesù chiede, si esprime nell’osservare i suoi comandamenti[1] ed è  reso possibile dall’amore che per primo Dio ci ha offerto: “Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è Lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (1Gv 4,10). In effetti, quando ci si sente amati, siamo più facilmente spinti ad amare. L’amore è il pieno compimento della vocazione di ciascuno di noi. E’ il grande dono che ci rende veramente e pienamente “umani”. E’ di questo amore che l’umanità, oggi più che mai, ha bisogno, “perché solo l’amore è credibile”(Giovanni Paolo II).

Ma come possiamo credere e praticare l’amore? Il Vangelo di oggi ci offre due suggerimenti.

            Il primo modo è quello di obbedire ai comandamenti di Dio, riconoscendoli come il contenuto ed il linguaggio dell’amore, che ci “afferra” teneramente.

            Entrare nell’Amore di Cristo significa essere afferrati da un dinamismo, per il quale non solo si osserva la Legge come un obbligo, ma la si mette in pratica come un’esigenza del cuore: chi gusta l’Amore di Cristo non può che amare e vivere di questo Amore, che è vita. In effetti non c’è vera vita se non nel vero Amore. Un Amore che ci fa esistere come figli e vivere da fratelli e sorelle.

            “L’essenziale è invisibile agli occhi” (Antoine de Saint-Exupery, Il piccolo Principe) è il segreto che la volpe consegna al piccolo Principe dopo che quest’ultimo l’ha addomesticata e tra loro è nato il legame indissolubile dell’amicizia vera. Il lungo e difficile cammino che Gesù ha compiuto con i suoi discepoli ha portato ad un “addomesticamento” reciproco, come quello che è narrato nel libro di Saint-Exupéry. Gesù è legato ai suoi discepoli che chiama amici, e loro sono legati a lui e tra di loro (“amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati”). Questo legame affrontò la prova terribile della morte e il mistero della resurrezione, ma non si spezzò. Da parte di Gesù c’è la promessa che l’amicizia non sarebbe venuta meno: il dono dello Spirito Santo è proprio questo. Ma, come dice la volpe al piccolo principe, “non si vede bene che con il cuore”, e i comandamenti di Dio educano il cuore che così può vedere.

            2) Liberi perché figli “legati” al Padre dall’amore obbediente, e non orfani “slegati” dall’Amore.

            Si potrebbe obiettare: “Come si può comandare l’amore? E come l’amore può avere dei comandamenti? L’amore non è libertà?” Sì, l’amore è libertà, è quella libertà che aderisce alla verità e all’amore lietamente e decisamente. L’amore conosce molti obblighi e molti doveri, ma sono vissuti come espressione di libertà, realizzazione di sé stessi e non come costrizione. L’amore non è fare quel che mi pare e piace, l’amore è amare l’altro, volere il bene dell’altro, l’amore è servire, l’amore è mettere in gioco la propria vita, l’amore è esattamente il contrario dell’egoismo.

      L’amore non è dare ciò che si ha, ma ciò che si è; allora si vuole anche ciò che gli altri sono, non le loro cose. Non il dono delle proprie cose è amore, ma il dono di sé stessi. Non per nulla nel Vangelo l’amore è identificato all’obbedienza, perché l’obbedienza è il dono di sé. Se mi amate, osservate i miei comandamenti… Chi osserva i miei comandamenti, quello è colui che mi ama, dice Gesù nell’Ultima Cena.   

            L’amore di Cristo è la legge suprema che mi fa capire se quell’azione, piccola o grande che sto facendo, è vera o falsa; se conduce alla vita o alla morte. L’amore per Gesù, la Sua legge d’amore e di libertà è la sorgente di ogni azione, di ogni comando. Lui ci ha amati per primo, noi “dobbiamo” rispondere a questo amore, per essere come Lui e vederLo: “L’amore di Dio è il primo che viene comandato, l’amore del prossimo è il primo però che si deve praticare… Amando il prossimo, rendi puro il tuo occhio per poter vedere Dio” (Sant’Agostino d’Ippona, In Io. Ev. tr., 17, 8).

            La nostra mente ed il nostro cuore non possono mai stare vuoti, o si riempiono di una cosa oppure si colmano di un’altra. Anche durante le nostre attività quotidiane dobbiamo tenere lo sguardo fisso su Gesù, che vedremo se il nostrocuore e i nostri occhi hanno una purezza angelica.

            A chi domanda come fare una preghiera continua, suggerisco di fare, durante la giornata, brevi soste per rimettere ordine, per raddrizzare la rotta, per liberarsi dai cattivi pensieri e alimentarsi di nuovo con un versetto del Vangelo, o di un salmo o di un episodio della vita del Signore. Per questo lo Chiesa ha stabilito le Liturgia delle “Ore”. Basta poco per smarrirsi, per perdere il centro di gravità, uscire e distrarsi. Ecco allora i salmi a intervalli regolari, per ritrovare il centro (Cristo) e ricordarsi della “presenza” che abita nel profondo del nostro cuore. Il cuore è cuore la sede dove possiamo riconoscere che Gesù non ci ha abbandonati e che il legame stabilito con i suoi discepoli non si è spezzato nonostante il passare dei secoli e le tante fragilità e limiti dei cristiani dall’inizio fino ai giorni nostri.

            Questo accade nei monasteri dove niente deve essere anteposto all’Ufficio divino, perché niente deve essere anteposto all’accoglienza di questa divina “presenza”. Occorre praticare lo custodia del cuore e dei sensi. Il voler guardare tutto, parlare di tutto, curiosare su tutto, riempiono la nostra casa di cianfrusaglie, quando non di cose cattive. Il Signore allora, non può parlarci, entrare in colloquio di amore con noi.

            Questo accade nella vita della Vergini consacrate nel mondo, che sono chiamate a vivere una vita monastica dentro la società. A Questo riguardo il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna: Emettendo il santo proposito di seguire Cristo più da vicino, [le vergini] dal Vescovo diocesano sono consacrate a Dio secondo il rito liturgico approvato e, unite in mistiche nozze a Cristo Figlio di Dio, si dedicano al servizio della Chiesa”. Mediante questo rito solenne (Consecratio virginum), “la vergine è costituita persona consacrata” quale “segno trascendente dell’amore della Chiesa verso Cristo, immagine escatologica della Sposa celeste e della vita futura”.Aggiungendosi alle altre forme di vita consacrata,  l’ordine delle vergini stabilisce la donna che vive nel mondo (o la monaca) nella preghiera, nella penitenza, nel servizio dei fratelli e nel lavoro apostolico, secondo lo stato e i rispettivi carismi offerti ad ognuna.  Le vergini consacrate possono associarsi al fine di mantenere più fedelmente il loro proposito.”  (CCC, nn 923 e 924).

            Queste donne consacrate mostrano con la loro esistenza donata interamente a Dio, che la profonda verità di que
sta affermazione di Cristo: “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Gv 14, 21). 

            La conseguenza dell’amore e dell’obbedienza a Gesù è il dono del Paraclito[2], inviato dal Padre su richiesta orante del Figlio Gesù. Non siamo e non saremo mai orfani, Gesù ce lo assicura nel Vangelo di oggi. L’amore  con il quale il Signore Gesù ci ama si traduce nella sua preghiera costante che ci ottiene, istante dopo istante, il dono del Paraclito. E’ un nome che designava l’avvocato, colui che assiste e soccorre nel processo per difendere contro l’accusatore. E Satana[3] significa appunto accusatore. Lo Spirito Santo è chiamato presso di noi, anche oggi, in questo istante, e in ogni secondo della nostra vita, per difenderci, per ricordarci e annunciarci la Verità, che siamo figli di Dio nel Figlio Gesù.

            Di fronte alle accuse di infedeltà, di ipocrisa, di incostanza, di fronte al disprezzo di noi stessi cui ci spinge l’accusatore, il Paraclito ci con-sola, ci colma dell’amore del Signore, compie in noi ogni comandamento, lo custodisce e lo accoglie sprigionando in noi l’amore a Cristo. E’ vero: lo Spirito Santo è l’amore ,con il quale amiamo il Signore, lo stesso amore che unisce il Padre ed il Figlio, e ci fa intimi della loro intimità. Nello Spirito Santo siamo dimora di Dio, e la nostra vita, tutta, è trasformata in una cattedrale meravigliosa dove ogni uomo può riconoscere la presenza amorevole e misericordiosa di Dio.

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NOTE

[1] Faccio notare che questa indicazione del v 15 è ripresa ai vv. 21 e 26, anche se in forma diversa.

[2] Paraclito deriva dal greco παράκλητος (paraclētus) ossia chiamato presso, invocato accanto. Il Paràclito o Avvocato è colui che è vicino, che sta dalla mia parte, prende le mie difese, intercede per me, quindi il Consolatore, che è uno degli appellativi dello Spirito Santo.

[3] Satana (in ebraico: שָׂטָן, Satàn; in greco: Σατᾶν o Σατανᾶς; Satàn o Satanâs; in latino: Satănas). Il significato in ebraico sarebbe “accusatore in giudizio”, “avversario”, “colui che si oppone”, “contraddittore”.

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Archbishop Francesco Follo

Monsignor Francesco Follo è osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi.

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