Amministrare i sacramenti ai pazienti di Ebola

Come comportarsi davanti a persone colpite da gravi malattie infettive?

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Mi può per favore indicare come amministrare il sacramento dell’unzione degli infermi ad una persona colpita dal virus di Ebola, agendo in tal modo che essa non si sente respinta dal proprio sacerdote? Quali sono le precauzioni da adottare in questa situazione? — V.B., Kokstad, Sudafrica

A questa domanda di stringente attualità, padre Edward McNamara L.C., professore di liturgia e decano di teologia presso il Pontificio Ateneo “Regina Apostolorum” di Roma, ha formulato la seguente risposta.

Nella sezione dedicata a questo sacramento, il Codice di Diritto Canonico afferma:

“Can. 1000 – §1. Le unzioni siano compiute accuratamente con le parole, l’ordine e il modo stabiliti nei libri liturgici; tuttavia in caso di necessità è sufficiente un’unica unzione sulla fronte, o anche in altra parte del corpo, pronunciando integralmente la formula.

“§2. Il ministro compia le unzioni con la propria mano, salvo che una grave ragione non suggerisca l’uso di uno strumento.”

Una malattia estremamente contagiosa come l’Ebola in se è già più che sufficiente per giustificare l’uso di uno strumento. Gli esperti che commentano questo canone dicono che il ministro, qualunque sia la condizione della persona malata, debba essere nella possibilità di adottare le stesse misure precauzionali che adotta il personale infermieristico e medico per evitare un contagio.

Nel caso dell’Ebola e di altre gravi malattie infettive questo significa che un ministro deve indossare una speciale tuta protettiva e seguire tutti i protocolli necessari per non contrarre la malattia e non trasmetterla ad altre persone. Inoltre, la cerimonia va preparata con grandissima cura, assicurandosi che il contenitore con l’olio santo (e probabilmente anche quello con il Santissimo Sacramento) potrà essere debitamente smaltito o completamente disinfettato.

Se è possibile adottare tutte queste precauzioni, allora il sacerdote può confessare il paziente, amministrare il sacramento dell’unzione dei malati e dare la Comunione. Ma se invece tutto questo non risulta possibile, il sacerdote dovrà limitarsi a quello che è materialmente fattibile.

Se ad esempio un sacerdote non ha le necessarie conoscenze mediche per poter seguire i protocolli per evitare il contagio, allora spetta al personale medico proibirgli di avere qualsiasi contatto fisico con il paziente. In questi casi può confessare e assolvere il paziente a distanza o anche da dietro uno schermo protettivo, che lo isoli dal malato.

In questi casi è anche possibile utilizzare strumenti come un citofono per facilitare la comunicazione, a condizione che il sacerdote possa vedere il paziente che si confessa, anche se i due sono separati da una lastra di vetro artificiale. Si può anche delegare ad un membro del personale medico il compito di dare la Comunione al malato. Purtroppo, in questo caso, è impossibile amministrare il sacramento dell’unzione degli infermi.

Sia per il paziente che per il sacerdote questa rinuncia sarà senz’altro un sacrificio, ma entrambi hanno anche la responsabilità di evitare di fare qualsiasi cosa che potrebbe mettere a rischio la vita altrui.

A parte il caso dell’unzione di persone che già presentano i sintomi di un’infezione, i vescovi possono promuovere altre misure precauzionali per limitare il contagio, a seconda della natura della malattia.

Per quanto riguardo le malattie infettive che si diffondono tramite il contatto fisico, alcuni vescovi hanno eliminato il segno della pace durante la Messa o l’hanno sostituito con un semplice inchino o un altro gesto simile, piuttosto che farlo con una stretta di mano o un abbraccio. Alcuni vescovi hanno anche temporaneamente vietato la Comunione sulla lingua in periodi di epidemia.

Alcuni sostengono che non appartenga all’autorità del vescovo di emanare un tale divieto generale. Nel 2009, durante una grave epidemia di influenza, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha sottolineato in una lettera privata (Prot. N 655/09/L) che i fedeli sempre e ovunque hanno il diritto di ricevere la Comunione sulla lingua (Redemptionis Sacramentum, n° 92 ).

Allo stesso tempo, in circostanze veramente gravi – ad esempio in un periodo di una malattia infettiva che si diffonde quasi esclusivamente attraverso il contatto diretto con i fluidi corporei, tra cui la saliva – è difficile sostenere che un vescovo non abbia l’autorità per sospendere temporaneamente tali leggi generali nell’interesse comune.

In circostanze simili vescovi in varie parti del mondo hanno persino deciso di annullare tutte le Messe pubbliche in una diocesi per evitare ogni eventuale rischio di contagio. La partecipazione alla Messa domenicale è una legge superiore a quella che riguarda il modo in cui ricevere la Comunione. Pertanto, se non c’è alcun dubbio circa l’autorità di un vescovo di prendere la prima decisione, allora senz’altro appartiene alla sua competenza di prendere anche la seconda.

In entrambi i casi, tuttavia, occorre prudenza. Queste decisioni non vanno prese alla leggera. Dovrebbero essere accompagnate da raccomandazioni mediche per quanto riguarda il reale pericolo di contagio ed essere applicate solo il minimo tempo necessario.

Anche se i fedeli preferiscono ricevere la Comunione sulla lingua, in questo caso dovrebbero accettare la decisione del vescovo come un atto di carità verso gli altri, per evitare ogni possibile rischio per se stessi e gli altri.

Secondo alcuni autori, per alcune malattie infettive ricevere la Comunione nella mano non è più sicuro che riceverla sulla lingua. Questo è ben possibile, ma non ho le necessarie conoscenze mediche per entrare nel merito.

[Traduzione dall’inglese a cura di Paul De Maeyer]

***

I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.org. Si chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono.

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Fr. Edward McNamara

Padre Edward McNamara, L.C., è professore di Teologia e direttore spirituale

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