Altri 5 cristiani assassinati in Pakistan

La Chiesa pakistana affranta perché non si perseguono i colpevoli

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HYDERABAD, giovedì, 3 settembre 2009 (ZENIT.org).- Cinque cristiani sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco nel centro della città di Quetta, in Belucistan, il 28 agosto. Lo ha confermato la “Radio Vaticana”, citando fonti locali. Il nuovo episodio arriva dopo il massacro del Punjab, in cui sono morti 11 cristiani e più di cento case sono state saccheggiate.

Secondo Stefano Vecchia, esperto citato dall’emittente vaticana, “molto probabilmente si tratta degli stessi estremisti che hanno già colpito il primo agosto nella città di Gojra”, persone di “influenza talebana”.

“Molte fonti, in Pakistan, danno per certo un cambiamento di strategia dei talebani: non più attentati suicidi contro obiettivi sensibili – o a volte anche contro obiettivi civili -, ma una strategia della tensione che metta l’una contro l’altra le comunità. Una strategia che vada a colpire, in particolare, le minoranze”, ha spiegato Vecchia.

A suo avviso, la maggioranza islamica è pacifica, e spesso nelle grandi città convive con le minoranze, non solo quella cristiana.

Legge antiblasfemia

Per Vecchia, al di là delle tensioni politiche che attualmente vive il Paese, il problema dei cristiani è la legge antiblasfemia, che spesso li trasforma in vittime della discriminazione e facile bersaglio dei violenti, delitti difficili da perseguire.

I Vescovi cattolici pakistani hanno recentemente espresso la propria delusione per la mancanza di un processo legale contro gli attacchi anticristiani nella provincia del Punjab.

In alcune dichiarazioni all’agenzia cattolica asiatica UCANews, il presidente dei Vescovi pakistani, monsignor Lawrence J. Saldanha, Arcivescovo di Lahore, ha espresso la sua preoccupazione perché, “un mese dopo il massacro, nessuno degli accusati è stato punito”.

“Temo che i colpevoli restino impuniti, e che il caso rimanga in sospeso per molto tempo”, ha aggiunto.

La legge antiblasfemia prevede il carcere a vita o addirittura la pena di morte per chi insulta il Corano o il profeta Maometto. Il problema, affermano i Vescovi, è che spesso si abusa di questa per motivi e interessi personali.

Secondo alcuni dati della Commissione Nazionale Giustizia e Pace della Conferenza Episcopale Pakistana, dall’entrata in vigore della legge sono state processate 964 persone, di cui 479 musulmani, 119 cristiani, 340 ahmadi (una setta musulmana considerata eretica) e 14 indù.

Da varie parti, non solo cristiane, si è chiesta la soppressione o almeno la revisione della legge. La Chiesa ha avviato una campagna di sottoscrizioni in questo senso, e si pensa che verranno raccolte almeno 200.000 firme.

I cristiani rappresentano l’1,6% della popolazione del Pakistan, che ha 160 milioni di abitanti.

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ZENIT Staff

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