Alla ricerca del vero, del bello e del buono

Un Master insegna la “via pulchritudinis” in architettura, arti sacre e liturgia

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di Antonio Gaspari

ROMA, venerdì, 29 luglio 2011 (ZENIT.org).- C’è un master che molti hanno sempre sognato. Si tratta del Master in Architettura, Arti sacre e Liturgia che si svolge all’Università Europea di Roma e al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum.

Come è scritto nella presentazione, obiettivo del corso di studi è rendere possibile l’acquisizione del grande patrimonio di esperienza e riflessione della tradizione cristiana, in merito alla bellezza e alla creatività artistica, con l’intento di promuovere un linguaggio artistico-architettonico che valorizzi e non vanifichi l’esperienza del sacro e, attraverso lo studio della tradizione e l’attenta valutazione della molteplice realtà delle esperienze artistiche dell’oggi, sviluppi un linguaggio contemporaneo non privo di quei significati simbolici che rinviano l’uomo al trascendente attraverso la “via pulchritudinis”.

Il corso dura un anno e mira a rielaborare un posizione chiara e propositiva di una nuova arte contemporanea e cristiana e a favorire un processo di maturazione volto alla committenza ecclesiastica, agli architetti, ingegneri, artisti, musicisti, storici dell’arte, seminaristi e a tutte quelle figure chiamate a confrontarsi con le autorità civili di ogni Paese, preposte alla realizzazione di nuove opere e alla conservazione dei Beni Culturali della Chiesa.

Per approfondire ragioni e risultati di un così attuale e interessante corso di studi, ZENIT ha intervistato il Rev.do Prof. Salvatore Vitiello, Coordinatore del Master.

Il titolo del Master è molto ambizioso. In che relazioni sono l’Architettura, le Arti sacre e la Liturgia?

Vitiello: Il miglior modo per rispondere alla Sua domanda è iscriversi e frequentare il nostro Master! Certamente è possibile riconoscere come nella storia dell’umanità, anche pre-cristiana, l’uomo abbia dedicato le migliori energie progettuali all’Architettura sacra, all’edificazione cioè di spazi nei quali celebrare il culto ed entrare in relazione con il Divino. Tale dato antropologico universale non è cancellato dal Cristianesimo ma, secondo la logica tipicamente inclusiva che lo caratterizza, è abbracciato e portato al suo pieno compimento nel nuovo e definitivo “luogo di culto” e “nuovo tempio” che è il Corpo stesso di Cristo Risorto (cfr. “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”, Gv 2,19).

Il Master, come nelle edizioni precedenti, si propone di riaprire il fecondo dialogo tra Architettura, Arti sacre e Liturgia, nella consapevolezza del legittimo sviluppo delle forme architettoniche e, nel contempo, dell’indispensabile orientamento al culto di tali arti.

È di fondamentale importanza, progettando una chiesa, avere presente il vero scopo di quell’edificio e l’insondabile e concretissimo Mistero che in esso accade: l’incontro sacramentale, cioè reale, tra Dio e gli uomini.

Bisogna essere cultori della Liturgia tradizionale per iscriversi al vostro Master?

Vitiello: Ogni liturgia cattolica esprime la Tradizione della Chiesa; se così non fosse, non potremmo nemmeno parlare di liturgia, ma di soggettiva creatività rituale. Ogni cattolico, in questo senso, è un cultore dell’autentica Traditio Ecclesiae. Se poi intende con l’espressione “liturgia tradizionale” la forma straordinaria dell’unico rito latino, bisogna desiderare di servire, attraverso l’Architettura e le Arti sacre, la Liturgia, consapevoli che “i testi del Messale Romano di Papa Paolo VI e di quello risalente all’ultima edizione di Papa Giovanni XXIII sono due forme della Liturgia Romana, definite rispettivamente ordinaria e extraordinaria: si tratta di due usi dell’unico Rito Romano, che si pongono l’uno accanto all’altro. L’una e l’altra forma sono espressione della stessa lex orandi della Chiesa” (Pontificia Commissione Ecclesia Dei, Istruzione Universae Ecclesiae sull’applicazione Lettera Apostolica data Summorum Pontificum di S.S. Benedetto XVI, Roma 30 aprile 2011, n.6).

L’intero corpo docente desidera unanimemente porsi in leale ed obbediente ascolto del Magistero, anche liturgico, del Santo Padre Benedetto XVI. Ritengo che sia necessario superare ogni ingiustificata polarizzazione ideologica, lavorando ad ogni livello perché sempre più l’Architettura, le Arti sacre e la Liturgia (in ogni sua legittima forma), attraverso la loro nobile bellezza, favoriscano massimamente, in un mondo sempre più secolarizzato e quasi “analfabeta del sacro”, quell’incontro con Dio che è la ragione suprema dell’esistere stesso della Chiesa.

Fin dall’inizio il Cristianesimo ha respinto gli iconoclasti ed esaltato lo spirito umano a cercare Dio attraverso la bellezza artistica. Che cosa si intende per arte cristiana? E in che modo si relaziona con l’arte in quanto tale?

Vitello: L’arte costituisce una delle più nobili manifestazioni dello spirito umano, cioè della superiorità ontologica dell’uomo rispetto al resto del creato. Infatti, invece di limitarsi ad usare della realtà circostante per il mero soddisfacimento dei propri bisogni primari, l’uomo la plasma per esprimere e, in qualche modo, riprodurre la bellezza sperimentata in quell’incontro con il creato che è sempre un potente richiamo al rapporto con Dio.

Tuttavia l’uomo non ha mai potuto rappresentare Dio stesso, se non commettendo un’inaccettabile riduzione, commisurando cioè l’assolutamente Trascendente alla realtà materiale, attraverso immagini antropomorfiche o, addirittura, zoomorfiche. Tale riduzione ha assunto, specialmente nella storia ebraica e poi nelle principali culture religiose monoteistiche, il nome di “idolatria”.
Vi è però un punto di non ritorno nella storia dell’umanità, e quindi anche nella storia dell’arte, costituito da quella novità assoluta che è l’Avvenimento cristiano: l’Incarnazione del Verbo eterno di Dio. Dal momento in cui, circa duemila anni fa, il Figlio di Dio ha deciso di legarsi definitivamente alla carne umana, da quando cioè l’Altissimo si è reso visibile, tangibile, udibile, incontrabile nella Persona di Gesù di Nazareth, all’uomo è stato dato anche di poter rappresentare realmente il Divino. Rifiutando sempre fermamente ogni deriva iconoclasta, la Chiesa ha semplicemente accolto, con crescente gratitudine, il metodo da Dio scelto per rivelarsi agli uomini:
l’Umanità di Cristo Signore.

Avendo, inoltre, il Signore legato la propria Presenza salvifica nel mondo alla Chiesa e ai Sacramenti da essa amministrati – e in modo essenzialmente unico alla Santissima Eucaristia –, i cristiani hanno presto iniziato a introdurre gli uomini all’incontro sacramentale con Lui, anche attraverso quella straordinaria e sempre efficace catechesi che l’Architettura e le Arti autenticamente cristiane offrono. L’arte è arte quando obbedisce ai criteri oggettivi di universale bellezza, ordine, proporzione, armonia e, a mio parere, quando riesce a riprodurre qualcosa dell’infinita bellezza e proporzione del creato. Diviene arte sacra quando esplicitamente parla di Dio, del suo Mistero e, particolarmente, dell’Avvenimento dell’incarnazione del Verbo.

Perché la ricerca del sacro è legata alla bellezza?

Vitiello: La bellezza stessa, per sua natura, conduce l’uomo, unica creatura capace di riconoscerla, alla Santità di Dio. La bellezza – insegna la Metafisica di San Tommaso – insieme alla verità, alla bontà e all’unità, costituisce la realtà dei trascendentali, cioè di quelle caratteristiche proprie di ogni ente filosoficamente inteso, cioè di ogni cosa esistente, in quanto il suo essere è “dato”, per partecipazione, dal continuo atto creatore di Dio.

Vi sono, inoltre, dei gradi di bellezza, a seconda di quanto ogni ente provenga da Dio e a Lui “naturalmente” conduca. Il più grande richiamo alla Bellezza di Dio, innegabilmente, è costituito dall’uomo
stesso, quando questi si mantenga sostanzialmente fedele alla propria straordinaria natura, al suo irriducibile anelito al Creatore. Ma quella Bellezza stessa, di cui la Creazione è sempre stata potente richiamo, cioè Dio, si è manifestata nella Persona di Cristo e, da allora, è alla Sua Bellezza che tutta la realtà canta ed è la Sua Bellezza, il fascino che da duemila anni conquista il cuore di quanti Lo incontrano, la straordinaria e cordiale corrispondenza che il “sì” alla Sua Chiamata genera, che conducono alla Beatitudine di Dio.

L’Arte sacra è chiamata, quindi, non a produrre una qualche bellezza sacra, ma a rendersi strumento, veicolo di quella sola Bellezza che porta a Dio: Cristo Signore. È questa la ragione per la quale il nostro Master ha un importante ambito teologico, a fondamento delle altre discipline.

E’ necessario essere credenti per aspirare a verità, giustizia e bellezza?

Vitiello: No, è necessario e sufficiente essere uomini. È innata, infatti, nell’uomo la capacità di riconoscere e desiderare tutto ciò che è vero, buono e bello, di aspirare alla giustizia e alla felicità e di perseguirle fino al sacrificio della propria vita, se necessario.

La tradizione biblica, volendo esprimere queste esigenze ed evidenze prime dell’uomo, ha adoperato il termine “cuore”; la tradizione filosofica ha parlato di “sinderesi” e, recentemente, di “coscienza”.
L’essere credenti in Cristo, poi, non sostituisce ma potenzia il cuore umano, portandolo alla sua più autentica statura. Sana, infatti, e perfeziona il rapporto originario dell’uomo con il suo Creatore. È perciò possibile affermare che chi crede, chi vive in grazia, conosce di più e aspira, con maggiore facilità, a tutto quello che è “vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode” (Fil 4,8).

Quali sono le ragioni per cui consiglierebbe a un laureato o laureando in Architettura, Ingegneria, Lettere, Beni culturali, ecc. di iscriversi al Master di cui Lei è Coordinatore?

Vitiello: Indiscutibilmente, le opportunità che la partecipazione al Master ha offerto e continua ad offrire sono molteplici, anche in ordine alla formazione teologica e liturgica: grazie alla qualificazione, non solo professionale, dei docenti, è possibile entrare in contatto con la bimillenaria Tradizione della Chiesa, con la ragione profonda che anima ogni suo pensare ed agire, avendo così la possibilità di prepararsi per quell’opera di rinnovamento artistico e liturgico più volte auspicata dal recente Magistero Pontificio.

Tra i docenti ci sono nomi di assoluto rilievo accademico, internazionale ed ecclesiale. Due per tutti: il Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, Mons. Guido Marini, ed il Vice Presidente della Pontificia Commissione per i Beni Culturali, l’Abate Michael Zielinski.

Ma credo che, in definitiva, sia una sola la ragione per frequentare il Master: andare veramente al fondo della propria disciplina – per se stessi e per quanti ne beneficeranno –, trasfigurandola in quello che è il lavoro più necessario, il servizio al primo e più autentico bisogno dell’uomo: l’incontro con il suo Creatore e Salvatore: Gesù di Nazareth, Signore e Cristo.

Per ulteriori informazioni, www.universitaeuropeadiroma.it/index.php?option=com_content&view=article&id=823&Itemid=96

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ZENIT Staff

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