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La Pontificia Università della Santa Croce discute come diffondere la fede attraverso l’informazione religiosa

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di Sergio Mora

ROMA, sabato, 21 aprile 2012 (ZENIT.org) – Una tre giorni sulla comunicazione nella Chiesa si è tenuta dal 16 al 18 aprile alla Pontificia Università della Santa Croce, (PUSC) con la partecipazione di oltre 300 professionisti di 49 Paesi coinvolti nel mondo dell’informazione.

Tra gli obiettivi dell’Ottavo Seminario Professionale della Facoltà di Comunicazione (http://www.pusc.it/news/2012/03/18/seminario-uccs2012) vi era quello di riuscire a raccontare la vitalità della fede superando una visione esclusivamente istituzionale della realtà ecclesiale.

Più precisamente si è discusso di come comunicare l’entusiasmo della fede in un contesto che sia meno autoreferenziale.

Per conoscere in modo più approfondito i risultati delle discussioni alimentate dal Seminario, ZENIT ha intervistato il professore e sacerdote José María La Porte, decano della Facoltà di Comunicazione Istituzionale della PUSC.

Quali obiettivi vi eravate preposti?

José María La Porte: L’idea era quella di mettere a lavorare insieme le persone che sono dedicate alla comunicazione nella Chiesa. Uno scambio di esperienze per riflettere su quello che si fa nelle varie parti del mondo, perché le sfide del mondo globalizzato e di internet impongono una riflessione su come comunicare.

Quale è stato il leitmotiv dell’incontro?

José María La Porte: In concreto abbiamo indicato e lavorato su tre percorsi. Uno con professori universitari che hanno riflettuto su cosa significa incarnare una storia e comunicare la fede attraverso delle storie. In fondo il Vangelo è la storia di Gesù e attraverso le parabole del Vangelo, si possono comunicare messaggi molto profondi come il significato della vita eterna. Nel dibattito si sono alternati professori della Pusc e della Cattolica di Milano. Tra i relatori anche officiali del Pontificio Consiglio dei Testi Legislativi e della Penitenzieria Apostolica. E’ stata la parte più riflessiva, intellettuale e profonda.

L’altro percorso ha riguardato le “best practice” o “case studies”, cioè casi interessanti che hanno avuto successo in diverse parti del mondo. Tra questi il programma Catholic Voices, nel Regno Unito, trasmesso anche nel Messico e in altri Paesi. Sono state illustrate anche pubblicità interessanti, per imparare tecniche imprenditoriali, come la campagna dell’8 per mille della Chiesa in Italia ed altri casi concreti.

Il terzo percorso è stato quello relativo alla gente che comunica istituzionalmente la Chiesa e i giornalisti che informano sulle attività della Chiesa.

Per quale motivo era importante riunire le differenti figure professionali?

José María La Porte: Era importante metterli insieme per farli dialogare per vedere “cosa posso imparare, di che ho bisogno, come devo adattare la comunicazione ai miei bisogni?”.

Oggi la comunicazione sta cambiando molto, vero?

José María La Porte: Sì, con internet e altri mezzi telematici la forma comunicativa cambia. Pensiamo per esempio a Twitter, dove entra una frase del vangelo. Può essere semplice e profondo alla stesso momento.

Cosa devono fare i giornalisti?

José María La Porte: I giornalisti devono capire che il messaggio che devono comunicare è profondo. Se devi cucinare un piatto squisito non puoi usare qualsiasi ingrediente, ci vuole allora un po’ più di lavoro. Se la informazione finanziaria per esempio ha bisogno di un grado di specializzazione, figuriamoci quella religiosa.

Il problema è che per affrontare l’informazione religiosa servono delle basi che non tutti i giornalisti hanno.

Questo anno avete riflettuto su storie di fede e testimoni credibili. In quelli precedenti quali sono state i temi in discussione?

José María La Porte: Uno è stato sui santuari della fede e come possono diventare oggetto di comunicazione di massa; un altro sulla professionalità; un terzo sull’identità e il dialogo. Mantenere la propria identità e dialogare partendo da quello che siamo per parlare senza paura.

In questa edizione avete discusso di come comunicano le nuove generazioni?

José María La Porte: Ci siamo addentrati sul consumo comunicativo dei giovani, che ogni anno cambia. Abbiamo discusso di come far arrivare a questi nuovi utenti il messaggio della fede. Abbiamo affrontato alcuni casi di comunicazione istituzionale in twitter o facebook e come i laici possono a loro volta fornire il loro contributo.

Come avete valutato i risultati del Seminario?

José María La Porte: Il pubblico cambia anche perché il comunicatore cambia, ma l’impressione è che ogni anno sia più difficile trovare i relatori idonei. Non è possibile ripetere quanto affrontato nell’edizione precedente perché ogni anno si fanno passi in avanti. Uno trova delle diocesi che fanno cose straordinarie e questi sono imput importanti che vanno condivisi.

Come si capisce se un congresso come questo produce dei frutti?

José María La Porte: Quando per esempio, un partecipante si converte in relatore. Il che è cominciato a succedere. Poi c’è la profondità con cui si trattano degli argomenti. Ogni volta vedo i comunicatori istituzionali meno preoccupati di come fare un comunicato, piuttosto si concentrano su come trovare contenuti.

Come è nata questa iniziativa?

José María La Porte: E’ nata in parte su richiesta degli studenti della facoltà di comunicazione istituzionale, i quali richiedevano aggiornamenti, in continuità con quello che avevano imparato. Così abbiamo iniziato e poi si è allargato ad altre persone che lavorano in questo settore.

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ZENIT Staff

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