All'Isola Tiberina le reliquie dei beati polacchi del Santuario dei Martiri del XX Secolo (Seconda Parte)

Il Card. Kazimierz Nycz porta a Roma le reliquie di Karolina Kózkówna, Stanislaw Starowieyski e padre Jerzy Popieluszko

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di Wlodzimierz Redzioch

ROMA, venerdì, 19 ottobre 2012 (ZENIT.org) – Il beato Stanisław Starowieyski (1895-1941), discendente di una famiglia di proprietari terrieri impegnata nella vita cattolica e sociale, è un laico sposato (nel 1921 sposò la contessa Maria Szeptycka, da cui ebbe 6 figli), collaboratore di san Massimiliano Kolbe. Fervente attivista del laicato: fu tra i fondatori dell’Azione Cattolica in Polonia e suo primo presidente nella città di Lublino. Era noto per la sua devozione: frequentava quotidianamente la messa nella sua parrocchia e passava ore in ginocchio in adorazione davanti al grande crocifisso appeso nel suo studio. Si conservano i suoi appunti spirituali, frutto di una meditazione quotidiana.

Dopo l’invasione sovietica della Polonia orientale, nell’ottobre del ’39, Stanisław fu arrestato dai russi ma durante il trasporto riuscì a fuggire. L’anno successivo, 19 giugno 1940, venne arrestato di nuovo: questa volta dalla Gestapo hitleriana in quanto attivista cattolico e internato in campo di concentramento di Dachau, dove era compagno di baracca di Adam Kozłowiecki, poi cardinale. Ivi mori per malattie, pesanti lavori fisici e brutali pestaggi prima dell’alba del 13 aprile 1941, domenica di Resurrezione. Fu beatificato a Varsavia da Giovanni Paolo II il 13 giugno 1999 insieme ad altri 108 martiri polacchi della Seconda Guerra Mondiale.

Il beato Jerzy Popiełuszko nacque il 14 settembre 1947 a Okopy, piccolo villaggio nella Polonia nord-orientale, in una famiglia profondamente religiosa. Il clima di spiritualità creato dai suoi genitori, Marianna e Władysław, lo plasmò dall’infanzia e in questo clima maturò la sua vocazione sacerdotale. Perciò dopo la maturità entrò nel Seminario Maggiore di Varsavia ed iniziò a frequentare i corsi di filosofia e teologia. In quei tempi le autorità comuniste tentavano di creare degli ostacoli nella formazione dei seminaristi e cercavano i tutti i modi di indurli a rinunciare agli studi teologici. Prima di tutto facevano fare loro due anni di un duro servizio militare obbligatorio nelle unità speciali create appositamente per gli alunni dei seminari.

Per questo motivo all’inizio del secondo anno di studio Popiełuszko fu chiamato alle armi e svolse il servizio di leva negli anni 1966-68 a Bartoszyce. Questo cosiddetto servizio militare consisteva in inutili esercitazioni  e in continui corsi politici di indottrinazione. Qualcuno non resisteva a queste vessazioni e crollava psicologicamente rinunciando al sacerdozio, ma questo non era caso di Popiełuszko. Per la sua fermezza fu sottoposto a molte vessazioni e persecuzioni, che incisero sul suo stato di salute.

Dopo l’ordinazione sacerdotale nel 1972, svolse il ministero pastorale in alcune parrocchie a Varsavia e nei dintorni. Nel 1979-80 condusse la catechesi per gli studenti di medicina nella chiesa universitaria di S. Anna a Varsavia. A causa della cagionevole salute, nel 1980 venne trasferito come residente presso la parrocchia di San Stanislao Kostka a Varsavia, dove tra l’altro prestò assistenza pastorale agli operai delle acciaierie della capitale. Erano i tempi dei grandi cambiamenti politici e sociali, i tempi del sindacato “Solidarność”.

Dopo la proclamazione della legge marziale (13 dicembre 1981), don Popiełuszko si impegnò nelle celebrazioni delle cosiddette “Messe per la patria”, che richiamavano le folle: il sacerdote attirava la gente grazie alla sua bontà, al suo atteggiamento verso gli altri, al suo modo di parlare e di celebrare l’Eucaristia. Nelle sue omelie don Popiełuszko da un lato smascherava tutta la falsità e l’ipocrisia del sistema comunista, dall’altro indicava ai cristiani come affrontare il totalitarismo: “Combatti il male con il bene”. Le sue “Messe per la Patria” divennero conosciute non soltanto a Varsavia ma anche in tutta la Polonia (ad esse partecipavano anche 15-20 mila persone) e perciò p. Jerzy divenne un “personaggio” conosciuto; conosciuto dalla gente e per questo scomodo per il regime.

All’inizio le autorità comuniste inscenarono nei suoi confronti un’intensa campagna di diffamazione e di repressione. Invece il 24 settembre 1984 i capi dei servizi segreti polacchi presero la decisione di chiudere definitivamente il “caso Popiełuszko”: il 19 ottobre p. Popiełuszko fu rapito, torturato e, legato, buttato nel fiume Vistola dai tre membri dei reparti speciali del Ministero degli Interni.

Ai suoi funerali, che si svolsero il 3 novembre 1984, presero parte una decina di vescovi, più di mille sacerdoti e un milione di fedeli. Il culto di Padre Popiełuszko iniziò praticamente da subito: la sua tomba presso la parrocchia di San Stanislao Kostka, nel quartiere Żoliborz, è diventata meta di un ininterrotto pellegrinaggio di fedeli (si calcola che dal 1985 ad oggi più di 20 milioni di persone hanno visitato il luogo della sepoltura del martire).

La tomba di don Popiełuszko è stata visitata da Giovanni Paolo II (14 giugno 1987) e da tantissimi personaggi, sia ecclesiastici, sia politici. Il card. Józef Glemp aprì la fase diocesana della causa della sua beati­ficazione nel 1997, invece ad ottobre 2008 l’arcivescovo di Varsavia Kazimierz Nycz ha portato al Santo Padre una copia della “Positio” insieme con una lettera postulatoria di tutto l’Episcopato polacco.

Il processo canonico si concluse con il decreto sull’autenticità del martirio del 19 dicembre 2009, emesso per la decisione del Sommo Pontefice Benedetto XVI. Il Servo di Dio Jerzy Popiełuszko, un sacerdote martire, ucciso in odio alla fede, fu elevato agli onori degli altari il 6 giugno 2010 a Varsavia.

[La prima parte è stata pubblicata ieri, giovedì 18 ottobre 2012]

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ZENIT Staff

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