Alcune precisazioni circa la vicenda di Eluana Englaro

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di Alessandro Bassi Luciani*

ROMA, domenica, 8 febbraio 2009 (ZENIT.org).- In merito alla tragica vicenda di Eluana Englaro, ritengo di dover fare alcune sintetiche riflessioni e precisazioni: ciò perché, in particolare in questi ultimi giorni, sono comparsi articoli e lettere sia su quotidiani che diffusi per e-mail da parte di molte persone, alcune delle quali si dichiarano cattoliche e che hanno – almeno in passato – avuto un apprezzabile ruolo anche nella nostra Diocesi; articoli e lettere che sono infarciti di errori non solo sul piano antropologico-culturale e cristiano, ma anche tecnico.

E queste precisazioni le faccio come uomo e come medico, prima ancora che come cristiano, poiché le leggi in uno Stato laico non sono né cattoliche né cristiane: sono leggi, che possono recepire l’orientamento di fede dei cittadini, ma non dipendono da questa.

1) Richiesta di pietoso silenzio: il silenzio non può calare ora, dopo che proprio la famiglia Englaro, al fine di acquisire consensi alla sua tesi, ha per anni coinvolto l’opinione pubblica, i mass-media e le autorità (sanitarie, politiche, magistratura, ecc.) proprio al fine di rendere “pubblico” il caso di Eluana, che io “scoprii” una decina di anni fa in occasione di un dibattito – di fatto a senso unico – organizzato da una ASL toscana con gli Englaro.

2) È del tutto legittimo non con dividere decisione della Magistratura, perché è politica e non giuridica (si ricordi che quella della Corte di Appello di Milano non è una sentenza, ma solo un decreto).

3) Come medico legale posso affermare che stupisce non poco che i magistrati milanesi possano aver emesso un decreto di questa portata senza far sottoporre la Englaro a perizia medico-legale, ma solo basandosi su certificazione di parte, ovvero prodotta solo dalla famiglia. Normalmente decisioni in merito alla salute delle persone (ad esempio in casi di compatibilità o meno tra salute e regime di detenzione) vengono prese dopo perizia medico-legale disposta dall’Ufficio.

4) Il Ministro Maurizio Sacconi, come la On. Eugenia Roccella, non hanno ricattato nessuno: si limitano a ribadire quali sono i compiti del Ministero della Salute.

5) Come uomo, mi pongo anche io degli interrogativi quando vengono date “certe risposte etiche”, e non da ora, ma ormai da 35 anni (iniziai a dubitare della giustezza etica, e del comportamento e della incoerenza di tante persone che si dichiarano cattoliche), quando furono promulgate leggi che non rispettano l’uomo, prima fra tutte quella relativa all’aborto.

6) Eluana Englaro non è in agonia: come si può leggere su qualunque vocabolario, il termine “agonia” ha altro significato: è la condizione di lenta ed inesorabile diminuzione delle forze vitali che precede la morte; una “agonia” di 17 anni è di per sé una contraddizione! Se si attribuiscono nuovi significati alle parole esistenti, si torna alla babele (non mancano recenti esempi eclatanti). Inoltre la condizione di Eluana non è “dolorosa” per lei, poiché non ha sofferenze fisiche, non abbisognando di alcun farmaco che abbatta il dolore e che invece, per paradosso, le verrebbe somministrato al momento in cui dovesse essere costretta alla morte per inanizione e disidratazione, proprio per evitarle sofferenze fisiche (si pensi all’ipocrisia di umettare le mucose, perché altrimenti si screpolerebbero!). E se vuole attribuire il termine “dolorosa” alla sofferenza della psiche per la sua condizione, vorrebbe dire che la donna percepisce la sua condizione, ovvero che è consapevole! Senza dubbio la sua condizione è dolorosa per molti, anche se non sembra lo sia per tutti: certamente lo è per chi chiede che possa continuare a vivere.

7) Eluana non è sottoposta ad alcun accanimento, il quale, per essere tale, necessiterebbe di terapie mediche che, invece, non vengono eseguite semplicemente perché non ne ha bisogno (non va dimenticato che quando, pochi mesi fa, ebbe una grave emorragia che la portò, questa sì, vicina alla morte, a causa della ripresa del ciclo ovario – segno di inizio di regolarizzazione della sue funzioni fisiologiche? – non fu attuata nessuna terapia, né medica, né farmacologica, né trasfusionale (e da quella emergenza si riprese spontaneamente con una incredibile rapidità).

8) È invece vero che non vi è niente di terapeutico, poiché non sono “terapeutiche” le pratiche igieniche che le vengono praticate, né lo sono le passeggiate, in carrozzina, che le fanno fare le persone che la accudiscono.

9) L’alimentazione che viene somministrata ad Eluana non è né artificiale – poiché viene nutrita per bocca, con cibi fluidi e calibrati, tramite un sondino naso-gastrico che viene frequentemente rimosso (credo dopo ogni pasto) e non tramite stomia addomino-gastrica “PEG” – né forzata: se vogliamo dare il giusto significato alle parole, per evitare la babele di cui sopra, l’alimentazione è semplicemente “assistita”.

10) Si legge sulla stampa che Eluana “ha espresso i suoi desideri … in piena lucidità”, ma questo non corrisponde certo al concetto di “consenso informato” che, in forza all’art. 32 della Costituzione, è alla base di ogni trattamento sanitario, sia accettato che rifiutato. Come medico legale dedico, in tutti i corsi in cui insegno, più ore di lezione per spiegare il significato del consenso informato, e ciò non come cristiano, ma solo ed esclusivamente come docente universitario, medico specializzato in medicina legale. Il consenso informato è qualche cosa di diverso rispetto al desiderio espresso in piena lucidità perché richiede una ben diversa informazione, e, soprattutto, un coinvolgimento personale che non può basarsi sull’aver saputo (od anche visto? le notizie della stampa non mi sembrano essere state esaustive in proposito) della compromissione neurologica di un amico che, credo, fosse in stato di “coma”, e non in condizione di stato vegetativo persistente.

11) Negli ultimi tempi è stato sempre più adottato il termine di stato vegetativo permanente, devo ricordare che questa definizione è errata, poiché, in medicina, è permanente ciò di cui si sa non possa più guarire (ovvero irreversibile), mentre la condizione delle persone come Eluana è stato vegetativo persistente: non è una differenza da poco, se si riflette bene. Di fatto, continuare ad utilizzare l’aggettivo permanente significa rifarsi a letteratura scientifica ormai obsoleta che è ritenuta da molti antiscientifica e che, non solo in questo caso, può svelare un certo pregiudizio ideologico. Anche in questo caso, la babele del mass-media ha le sue responsabilità.

12) Ovviamente la drammaticità del caso Englaro, e delle altre centinaia e centinaia che sono presenti in Italia, non si esaurisce qui. Quello che dovremmo cercare di fare, anzi “battagliare” (nel senso più pacifico del termine), è di promuovere una sempre maggiore accoglienza verso questi fratelli (o meglio, cittadini, per evitare di essere negativamente etichettati come cristiani) che versano in condizioni così difficili. È ovvio che ciò ha un costo, e sembra che alcuni (o tanti, ma non certamente tutti) portino avanti questa “battaglia” per far morire di inanizione l’Englaro per scopi tutt’altro di etica, ma più semplicemente per scopi di bilancio. Ma se, per motivi economici, diventa “eticamente accettabile” sopprimere un invalido come Eluana, fra non molto potrebbe essere “eticamente accettabile” sopprimere anche chi ha minori invalidità, ma comunque non produce più per la società, e, chissà, si potrebbe forse arrivare, con sollievo per i bilanci della Sanità, a fare anche qualche pensierino sui tanti pensionati non più produttivi che, seriamente ammalati, sono abbisognevoli di costanti, costose e lunghe terapie. E questa non è una stupida o riprovevole ironia: fatta la strada, questa procede, con gli anni, ma procede: se ne può essere certi. Lo insegnano le precedenti esperienze: nella storia e ai nostri giorni (vedi la costante eliminazione nel grembo delle madri dei bambini Down e talassemici, che “c
ostano” alla società somme ingenti).

13) Le preghiere, come ci insegna il Vangelo, possono anche essere pubbliche, specie quando “pubblico” è l’oggetto della preghiera e, comunque, scrivere che sono “strombazzate” è un’offesa al concetto di preghiera cristiana.

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* Docente di Medicina Legale al dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Pisa

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ZENIT Staff

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