Albania: la nazione che ha voluto "uccidere" Dio

In preparazione alla visita di Papa Francesco del prossimo 21 settembre, una testimone racconta la lunga dittatura ateo-comunista nel paese

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Tra gli stati comunisti che dal 1917 hanno sistematicamente perseguitato le istituzioni religiose, l’Albania è stata l’unica nazione che è riuscita a istituzionalizzarsi come “il primo stato ateo del pianeta”. Attraverso una dittatura durata ben 40 anni, Enver Hoxha (1908-1985) si è impegnato con tutti i mezzi e con indicibile violenza per sradicare la stessa coscienza religiosa della gente con l’intento di privare gli albanesi della stessa possibilità di porsi la domanda di Dio.

In un libro dal titolo eloquente – Hanno voluto uccidere Dio – Didier Rance spiega come il progetto ateistico sia stato applicato sistematicamente contro la Chiesa cattolica «nella maniera più radicale e crudele, in particolare contro il suo clero ed i suoi religiosi».

In preparazione alla visita del papa in Albania, abbiamo voluto dare voce a una testimone che ha vissuto personalmente la dittatura ateistica albanese. Suor Mira Koleci è una cittadina albanese che ha vissuto 17 anni sotto la dittatura. Ora le piace presentarsi come la «prima consacrata albanese delle Suore della Sacra Famiglia». Ha dedicato la sua Dissertatio ad Baccalaureatum alla vita della Chiesa, e in particolare della sua comunità religiosa, nell’Albania post comunista.

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Lei viene da un paese con una sconosciuta storia di persecuzione e martirio durata ben 40 anni. Ci può descrivere brevemente l’atmosfera in cui è cresciuta?

Sono nata e cresciuta sotto la dittatura comunista. È bene, però, gettare un rapido sguardo alla storia per capire cos’è successo in Albania durante il secolo scorso. L’Albania è sempre stato un paese invaso da varie potenze per la sua importante posizione strategica. Non ultima è stata l’invasione turca che ha costituito il periodo più nero della storia del mio paese. Quella dominazione è stata accompagnata da una massiccia fuga di cervelli e da una grande ondata di islamizzazione forzata. La situazione proseguì fino all’indipendenza nel 1912.

Dopo il protettorato di Mussolini, fu stabilita la dittatura comunista nel 1944. Il comunismo comportò la più forte chiusura ermetica dell’Albania: circa 50 anni di isolamento da tutto il mondo, sotto Enver Hoxha. Nella sua lunga dittatura, la libertà religiosa e la libera attività culturale e politica erano praticamente inesistenti. Sin dall’inizio si impegnò in una persecuzione metodica del clero e degli intellettuali.

Successivamente Hoxha formò un’alleanza con la Cina. Durante il periodo “cinese” (1961-1978) l’Albania si lasciò prendere dall’abilità asiatica nell’affermare una comune ideologia e fraternità marxista-leninista. Il distacco dalla Cina, cominciato già nel 1975, portò l’Albania all’isolamento totale dal mondo. Il dittatore pose il nazionalismo come componente essenziale del regime. Il dio dell’Albania era la nazione. Hoxha ha isolato l’Albania formando l’unico stato totalmente ateo, con l’intento dichiarato di liberare l’uomo dalle catene dell’oppressione e dalla religione che è oppio per il popolo.

Perché la Chiesa cattolica costituiva il nemico numero uno?

La Chiesa cattolica fu perseguitata perché si adoperava per il risveglio delle coscienze e per il reinserimento dell’Albania nel più ampio circuito culturale europeo. Colpire la Chiesa cattolica significava anche annullare la tradizione per far posto alla «nuova ideologia». L’Albania comunista divenne per i suoi abitanti un grande campo di concentramento. Ogni sforzo culturale ed intellettuale venne messo a servizio del socialismo e dello Stato. Ogni idea alternativa veniva condannata come nemica del Partito e quindi del popolo. Il prezzo minimo da pagare era la prigione.

Ha avuto qualche educazione religiosa “clandestina”?

Nel segreto della vita familiare continuava qualche tradizione religiosa, ma sempre con tanta cautela. Si correvano, infatti, gravi pericoli perché il regime esercitava un forte controllo anche casalingo. I figli, specie nelle scuole, erano invitati a denunciare le attività antisocialiste e religiose dei propri genitori. Non di rado, le spie erano gli stessi parenti perché, chi denunciava, riusciva ad avere privilegi e un pezzo di pane in più per mantenere i prorpi figli. Per questo i genitori non osavano trasmettere la fede alla prole.

Il catechismo parla dell’uomo capax Dei, di un desiderio “naturale” nell’uomo che punta verso Dio e lo cerca. C’era il senso (o il senso della mancanza) di Dio in quell’ambiente ateo?

Vivendo per 17 anni in un contesto sociale dove la vita non aveva nessun senso, la vita era semplicemente terribile… e per tutti. Era difficile per i nonni che erano cresciuti con una formazione religiosa. Lo era per i genitori che non potevano parlare neanche ai loro figli che esiste qualcun’Altro al di fuori dal dittatore. Ma era difficile anche per noi adolescenti. Non a caso il tasso del suicidio era altissimo. La tentazione di togliersi la vita era intorno a me, ma anche dentro di me. Balenava spesso nel cuore la domanda: perché vivo? Sono frutto del caso? E quindi è meglio farla finita e non prolungare la storia di sofferenza e soprattutto del non senso?

Una sua compaesana madre Teresa era famosa in tutto il mondo, a voi non arrivava nessuna notizie su di lei?

Il dittatore chiamava madre Teresa “la strega dei Balcani”, quindi non era realmente conosciuta durante la dittatura. Può sembrare strano ma i media erano totalmente controllati dal regime ed era impossibile sapere cosa succedeva fuori dell’Albania. Noi sapevamo dai libri di scuola che Dio non esiste, che la Chiesa è una truffa per i poveri. I grandi personaggi non li abbiamo mai conosciuti. L’unico personaggio grande era il dittatore.

Com’è stata allora la prima esperienza di iniziazione cristiana dopo la caduta della dittatura?

L’anno 1991 è stato una storia di risurrezione per l’Albania e anche per me. Il Signore Non permise che arrivassi al suicidio, ma è passato in mezzo a noi attraverso tanti missionari/testimoni che con coraggio sono venuti a parlarci di Dio. Mi riferisco soprattutto a quei sacerdoti rimasti vivi nei carceri della dittatura, ma poi anche i missionari venuti da fuori. È stato il momento del risveglio della fede di tanti nonni e adulti che hanno tenuto dentro il senso di Dio, un senso indecifrato per noi adolescenti. Qualche mio amico a scuola faceva il segno di croce per terra come segno magico per chiedere di vincere un gioco o per prendere buoni voti a scuola. Quel segno era rimasto nella mia memoria, ma senza saperne il significato.

Perché ha deciso coscientemente di diventare cristiana?

Vengo da origini cristiane. In più, c’è stato in me, oltre alla curiosità verso l’ignoto e verso la novità, il desiderio di vita e di vita sensata. Questo l’ho scoperto in quello Sconosciuto che mi rivolgeva un messaggio d’Amore: «Dio ha tanto amato il mondo da donare il suo unico Figlio, perché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Di fronte a questa verità non si può rimanere indifferenti. Almeno, io non ho potuto, e ho cominciato a leggere la Bibbia, non solo per curiosità, ma perché mi dava respiro e vita. E così tutto ha preso senso.

Cosa significa la visita di Papa Francesco in Albania?

La visita di Papa Francesco – che viene dopo quella di Giovanni Paolo II nel 1993, insieme a Madre Teresa, quale grande dono dopo la dittatura – è un privilegio significativo per una nazione a maggioranza islamica (le statistiche dicono che i musulmani sono il 70 % della popolazione). Il senso della visita l’ha detto il papa stesso quando ha affermato che viene per confermarci nella fede e per attestare il suo amore per «un paese che ha sofferto a lungo in conseguenza delle ideologie del passato» (Angelus 15.06. ‘14). La visita del Pa
pa ci conferma nel coraggio della testimonianza per la fede e nel confessare che solo Gesù Cristo, “l’uomo nuovo” (GS 22), ci fa diventare più umani (GS 41). Per l’Albania il 21 settembre 2014 è Pasqua, perché il Signore passa per visitare il suo popolo con la presenza di Papa Francesco, il Pietro di oggi. La presenza di Papa Francesco sarà per ogni albanese una parola di vicinanza, di speranza per il futuro dove i valori umani che erano sepolti in passato devono fiorire con coraggio e con rispetto indipendentemente dalle diversità di religione. Al Signore affidiamo questo viaggio e chiediamo che apra i cuori degli albanesi per accogliere il suo messaggio.

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Robert Cheaib

Docente di teologia presso varie università tra cui la Pontificia Università Gregoriana e l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Svolge attività di conferenziere su varie tematiche che riguardano principalmente la pratica della preghiera, la mistica, l’ateismo, il rapporto tra fede e cultura e la vita di coppia. Gestisce un sito di divulgazione teologica www.theologhia.com. Tra le sue opere recenti: Un Dio umano. Primi passi nella fede cristiana (Edizioni san Paolo 2013); Alla presenza di Dio. Per una spiritualità incarnata (Il pozzo di Giacobbe 2015); Rahamim. Nelle viscere di Dio. Briciole di una teologia della misericordia (Tau Editrice 2015); Il gioco dell'amore. 10 passi verso la felicità di coppia (Tau Editrice 2016); Oltre la morte di Dio. La fede alla prova del dubbio (San Paolo 2017).

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