Al Sinodo proposto un Anno dedicato alla predicazione della Parola

Di fronte alla preoccupazione per la qualità delle omelie

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di Roberta Sciamplicotti

CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 7 ottobre 2008 (ZENIT.org).- Un Anno dedicato alla predicazione della Parola di Dio è la proposta presentata questo martedì durante i lavori del Sinodo dei Vescovi da monsignor Gerald Frederick Kicanas, Vescovo di Tucson e vicepresidente della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, di fronte alla preoccupazione suscitata dalla qualità delle omelie.

La Parola di Dio, ha affermato monsignor Kicanas, “conforta, guarisce, dà speranza, ispira, instilla gioia, diletta, confronta, insegna e sfida”. “Predicata, mediata dallo Spirito, ci ispira a vivere, a muoverci e ad avere il nostro essere in Cristo. Attraverso la grazia, cambia la vita”.

Al giorno d’oggi, ha riconosciuto il presule, la predicazione può tuttavia “perdere il suo sapore, basarsi sulle formule ed essere priva di ispirazione, lasciando vuoti gli ascoltatori”.

Per questo motivo, ha proposto che dopo l’Anno Paolino la Chiesa universale dedichi un anno alla predicazione nell’assemblea eucaristica.

In questo Anno, ha spiegato, i sacerdoti e i diaconi potrebbero studiare insieme al loro Vescovo “cos’è importante per predicare meglio” e “si potrebbe discutere su come la predicazione possa ispirare i laici ad essere lievito per il mondo, portando i valori del Vangelo nelle questioni della nostra epoca”, ha proposto.

Se tutto ciò venisse realizzato, osserva, si vivrebbe “una nuova primavera”, “rinnovando la Chiesa, rafforzando l’evangelizzazione, intensificando la catechesi e valorizzando il discepolato”.

Dell’importanza dell’omelia ha parlato anche monsignor Ricardo Blázquez Pérez, Vescovo di Bilbao (Spagna), per il quale questa “è uno dei servizi più importanti che il Vescovo e il presbitero possano prestare alla comunità dei fedeli cristiani”.

Per questo motivo, ha osservato, è opportuno che nella sua preparazione ci si pongano almeno tre domande: “Cosa dicono le letture che saranno proclamate nella celebrazione? Cosa mi dicono personalmente? Cosa devo comunicare ai partecipanti all’Eucaristia?”.

L’omelia, “senza trasformarsi in catechesi”, deve avere “un contenuto dottrinale chiaro e vigoroso”, ha dichiarato il presule spagnolo.

In essa, del resto, “convergono la vita di ogni persona con le sue necessità e le sue speranze e l’annuncio della Parola di Dio”, facendo sì che esista un nesso “tra vita e celebrazione che deve facilitare il predicatore”.

L’omelia, quindi, “non è solo la narrazione di quanto è stato detto, è accaduto o è stato scritto in passato, ma l’attualizzazione con la forza dello Spirito Santo di ciò che il Signore ha detto e fatto”.

Preoccupazione per le omelie è stata espressa anche dal relatore generale, il Cardinale Marc Ouellet, Arcivescovo di Québec (Canada), che ha iniziato il dibattito questo lunedì constatando che “nonostante il rinnovamento del quale è stata oggetto l’omelia nel Concilio, sentiamo ancora l’insoddisfazione di numerosi fedeli nei confronti del ministero della predicazione”.

“Questa insoddisfazione spiega in parte l’abbandono di molti cattolici verso altri gruppi religiosi”, ha denunciato.

Monsignor Mark Benedict Coleridge, Arcivescovo di Canberra-Goulburn (Australia), ha proposto dal canto suo di preparare un Direttorio Omiletico Generale sulla linea del Direttorio Catechetico Generale e dell’Istruzione Generale del Messale Romano.

“Un Direttorio di questo tipo farebbe il punto sulla predicazione cattolica per com’è ora e lo farebbe con un occhio alla storia della predicazione cattolica”, ha aggiunto.

“Trarrebbe spunto dall’esperienza e dalla saggezza della Chiesa universale – incluse le nuove comunità e i nuovi movimenti – senza soffocare il genio delle Chiese locali o dei singoli predicatori”.

“Dobbiamo essere più sistematici nell’insegnamento dell’ars predicandi in quest’epoca”, ha concluso, e “un Direttorio Generale potrebbe aiutare a questo scopo, soprattutto nei seminari e nelle case di formazione”.

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ZENIT Staff

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