"Ad Haiti è raro vedere gente depressa o triste" (Prima parte)

Intervista con Maurizio Barcaro, da circa vent’anni missionario laico nel paese caraibico

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A poco più di tre anni di distanza dallo spaventoso terremoto del 12 gennaio 2010, ZENIT ha intervistato Maurizio Barcaro, da quasi vent’anni missionario laico ad Haiti, per parlare della situazione del Paese caraibico, che copre la parte occidentale dell’isola di Hispaniola. Maurizio Barcaro è originario di Pero, in provincia di Milano. 

***

Sig. Maurizio, lei è missionario laico ad Haiti. Cosa significa?

Maurizio Barcaro: Letteralmente significa ‘non appartenente al clero’. Prima di fondare questa missione appartenevo ad una Congregazione Religiosa. Quando mi sono separato da questa Congregazione ho pensato bene di definirmi chiaramente come missionario LAICO per evitare confusioni.

Può descrivere la comunità in cui lavora?

Maurizio Barcaro: Opero a Port-au-Prince, Haiti, in una zona povera e periferica della capitale non lontano da Cité Soleil, la più grande bidonville della citta. La zona è molto povera, la gente vive in casette o baracche fatte per lo più di mattoni grezzi o pareti di terra battuta con tetto di lamiera. Sono abitazioni di 1-2 o al massimo 3 stanzette piccole prive di servizi igienici, istallazioni elettriche acqua corrente. Casette o baracche dove vivono famiglie abitualmente composte da madre, 4-5 o a volte addirittura 8 figli avuti con compagni differenti e qualche altro membro della famiglia: nonna, zia, nipoti ecc… In questa zona non c’è l’estrema miseria di una bidonville ma è comunque una zona poverissima. Noi ospitiamo anziani handicappati o abbandonati e abbiamo sviluppato un programma di scolarizzazione abbastanza completo dove circa 2000 bambini e giovani ricevono un’istruzione gratuita fino al diploma con possibilità di frequentare anche corsi professionali e di informatica. Una piccola oasi dove sono protetti, nutriti e accompagnati da quando hanno 6 anni fino all’età adulta.

Come è approdato in Haiti?

Maurizio Barcaro: Quando ero missionario religioso fui inviato nella comunità di questa congregazione in Haiti e con loro rimasi lì 6 anni. Poi, per varie ragioni, lasciai la congregazione. Volevo comunque restare e cercare di fondare una missione e così presi una piccola casa in affitto nel maggio 2000 e da allora, poco a poco, con gli anni, cominciò a svilupparsi questa missione. 

Tre anni fa, il 12 gennaio del 2010, Haiti, è stato colpito da uno spaventoso terremoto. Per avere un’idea, può ricapitolare i danni dal sisma? 

Maurizio Barcaro: 300.000 vittime, altrettanti i feriti, più di un milione di sfollati solamente nella capitale, diverse parti della città rase al suolo, poi le tendopoli e migliaia di famiglie che vivono tuttora sotto una tenda. Sono cifre che hanno sconvolto anche me quando le ho lette in diversi articoli o ascoltate in televisione. I cadaveri disseminati per la città erano così numerosi che per prevenire epidemie (qui ci sono 30-35 gradi in media ogni giorno) il governo fu costretto a inviare dei grossi camion per raccogliere i morti e gettarli in fosse comuni. Non c’era assolutamente nessun mezzo per poter identificare i cadaveri. Il sisma ha portato tanta distruzione, ma, paradossalmente, dopo di esso, gli haitiani hanno sempre avuto la speranza che fosse giunto il momento per ricostruire BENE non solo gli edifici crollati, ma la stessa società haitiana che per tanti aspetti è sempre stata indolente ai problemi dei propri figli.

Al momento del terremoto, lei era ad Haiti?

Maurizio Barcaro: Sì, ero in casa mia e stavo cucinando quando tutto si è messo a traballare freneticamente. 

Qual è stato il suo primo pensiero in quel momento?

Maurizio Barcaro: Di correre fuori di casa, ma non era facile perché anche lo stare in piedi era difficoltoso… e poi pensavo a mia figlia giù in cortile… Poi sono andato subito dopo a costatare i danni. La scuola era in piena ora di lezione con quasi 500 bambini… Ho tirato un sospiro di sollievo quando ho visto che l’edificio era ancora in piedi. Danneggiata ma in piedi. 

Lei ha anche una famiglia: cosa ha fatto e come si è organizzato?

Maurizio Barcaro: Mia moglie si trovava in un’altra cittadina del paese in quei giorni e rimase bloccata lì per più di un mese, mia figlia invece era con me. Io ho dormito in macchina per 8 mesi dopo il terremoto, mia figlia, mia moglie e altri componenti della famiglia e dei ragazzi che lavorano per me con i loro parenti e una ventina di bambini, hanno dormito in un tendone allestito nel cortile. Un altro tendone fu allestito anche per i 20 anziani che abitavano qui. 

Tre anni dopo il disastro com’è la situazione oggi?

Maurizio Barcaro: Bah…non esiste una bacchetta magica per riparare a danni così spaventosi in un Paese che già prima viveva in miseria. Diciamo che malgrado le difficoltà di ordine politico (le elezioni erano imminenti prima del terremoto e furono rinviate) e i ritardi nello stanziamento dei fondi, un po’ di lavori di ricostruzione sono stati fatti, ma senza dubbio c’è tanto ancora da fare. 

Molti aiuti sono stati destinati ad Haiti, ma di che cosa necessità veramente la popolazione colpita

Maurizio Barcaro: Si, molti aiuti sono stati destinati ad Haiti, è vero, ma qui si parla di due tipi di aiuti differenti. Se parliamo degli aiuti raccolti dalle miriadi di ONG, quegli aiuti sono stati utilizzati (e anche sprecati) dalle ONG stesse secondo i loro settori di intervento e (a mia opinione) in maniera disordinata e anarchica. Nessuna coordinazione con enti Statali. Se invece si parla dei soldi promessi dagli altri paesi alle autorità haitiane o dalla comunità internazionale attraverso la banca mondiale, non saprei francamente cosa rispondere. A me sembra che il problema è che ad Haiti è stata imposta una specie di cooperazione con tanto di regole da seguire, tempi di intervento, accettazione di questa o quella agenzia e via dicendo… In poche parole è come se avessero detto “ok, vi diamo i soldi o ve li prestiamo con agevolazioni, però per la restituzione fate come diciamo noi…” e la cosa non mi sembra così corretta. Manca poi il lavoro, ma purtroppo non è facile organizzare le cose perché tutti abbiano un lavoro. Ciò che dico comunque non bisogna prenderlo come Vangelo, sono solo le mie opinioni… 

(La seconda parte verrà pubblicata domani, lunedì 28 gennaio)

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Paul De Maeyer

Schoten, Belgio (1958). Laurea in Storia antica / Baccalaureato in Filosofia / Baccalaureato in Storia e Letteratura di Bisanzio e delle Chiese Orientali.

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