Ad Andrea Riccardi, un riconoscimento della Chiesa greco-cattolica ucraina

La cerimonia, martedì pomeriggio, nella Basilica di San Bartolomeo

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Il premio intitolato al beato Martire Omeljan Kovč, istituito dalla Chiesa greco-cattolica ucraina come segno di riconoscimento a chi si è distinto nel campo del dialogo internazionale, interculturale e interreligioso, della tolleranza e della reciproca comprensione nelle società e della promozione di attività di carità, verrà consegnato domani pomeriggio dall’arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuck, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina,  a quattro personalità internazionali, fra i quali il fondatore della Comunità di Sant’Egidio prof. Andrea Riccardi.

La cerimonia della premiazione si svolgerà martedì 26 novembre alle 17,30 nella Basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, luogo memoriale dei nuovi martiri e confessori del XX e XXI secolo. Insieme al prof. Riccardi, riceveranno il riconoscimento lo storico israeliano Shimon Redlich, la poetessa ucraina Lina Kostenko e la iniziatrice del movimento dell’Arche in Ucraina enja Kušpeta. Successivamente, alle 19, si terrà una celebrazione liturgica durante la quale Sua Beatitudine consegnerà alla Basilica le reliquie di Omeljan Kovč.

Il Beato Kovč, prete greco-cattolico ucraino dal 1922 è stato parroco di Peremyshliany, piccolo centro dell’Ucraina occidentale, dove, oltre alla popolazione ucraina, c’era una significativa presenza di polacchi e ebrei. Padre Omeljan si impegnò per animare la vita sociale e culturale della città al fine di favorire le relazioni tra queste tre comunità. Durante l’occupazione tedesca dell’Ucraina occidentale tentò di salvare numerosi ebrei dallo sterminio. In totale distribuì dai 600 ai 2000 certificati di battesimo sapendo di rischiare la sua stessa vita.

Per condannare gli eccidi di massa degli ebrei scrisse una lettera a Hitler, nella quale chiese anche il permesso di visitare gli ebrei rinchiusi nei ghetti. Per queste attività fu arrestato dalla polizia nazista nel 1942. Inizialmente fu recluso nella prigione di Leopoli, poi nel 1943 trasferito nel campo di concentramento di Majdanek. A Leopoli fu messo di fronte alla scelta se smettere di aiutare gli ebrei o essere deportato, e, nonostante avesse sei figli, decise di non rinnegare ciò che aveva fatto.

Nel lager di Majdanek continuò segretamente ad esercitare il suo ministero sacerdotale, parallelamente al lavoro forzato insieme agli altri prigionieri. Ufficialmente morì per malattia (così comunicarono alla famiglia). Più probabilmente fu ucciso in una camera a gas il 25 marzo del 1944 e cremato nei forni di Majdanek.

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ZENIT Staff

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