ACS: la Colombia non è più una "missione impossibile"

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BOGOTA’, giovedì, 13 novembre 2008 (ZENIT.org).- Intensificare gli sforzi per aiutare i cristiani degli angoli più remoti della Colombia non è più una “missione impossibile”, afferma l’associazione caritativa Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS).

Il suo staff è riuscito a riprendere la visita in uno dei Paesi più pericolosi dell’America Latina dopo l’interruzione del primo progetto che interessava la regione di Choco. I responsabili di ACS avevano iniziato a organizzare la visita quattro anni fa, ma la preoccupazione per i rapimenti, gli omicidi e il traffico di droga aveva fatto sì che i programmi fossero più volte sospesi.

Il mese scorso, rivela un comunicato ricevuto da ZENIT, l’esperto di America Latina di ACS Xavier Legorreta è riuscito a ottenere le condizioni necessarie per la prosecuzione del progetto, che è quindi ripreso.

Legorreta è tornato con dozzine di richieste da parte della regione colombiana, afflitta dalla mancanza di sicurezza ma anche da povertà, umidità estrema e comunicazioni inefficienti.

I Vescovi a cui ha fatto visita gli hanno chiesto un aiuto economico per i sacerdoti poveri e che vivono in zone remote, per la riparazione di chiese e cappelle danneggiate e per la diffusione della Bibbia del Fanciullo per l’evangelizzazione dei giovani.

Quello in Colombia, ha confessato Legorreta, è stato “il viaggio più pericoloso” in 14 anni ad ACS. Tutti gli spostamenti sono avvenuti con la protezione della polizia e delle guardie del corpo. Nel corso della sua visita in Choco ha preso 13 voli, visto che i viaggi aerei sono considerati meno a rischio.

“I Vescovi erano molto contenti di vederci – ha confessato -. Sono semplici missionari che dipendono da ACS e da altre associazioni caritative per aiutare la crescita della Chiesa. Si rivolgono a noi perché sanno di poter contare sul nostro aiuto per ottenere ciò di cui hanno bisogno per aiutare a offrire Cristo alla gente che soffre”.

La maggior parte degli abitanti del Choco è costituita da afroamericani, discendenti degli schiavi portati in Colombia dai colonizzatori spagnoli. A causa delle differenze geografiche, culturali e razziali sono rimasti tagliati fuori dal resto del Paese.

“Queste persone hanno enormi problemi”, ha affermato Legorreta. “Il traffico di droga è molto comune e i guerriglieri rendono la vita difficile”. Il tasso di disoccupazione nella regione raggiunge il 60%.

La situazione politica e sociale sta ad ogni modo migliorando, grazie anche al crollo del numero dei rapimenti, passando dagli oltre 3.500 del 2000 ai quasi 500 dello scorso anno. Questa diminuzione, spiega ACS, è “un segno del successo della lotta del Presidente colombiano Álvaro Uribe contro i ribelli delle Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia (FARC)”.

Per la Chiesa in Choco, un segno di speranza arriva dal resto della Colombia, dove il cattolicesimo sta vivendo una nuova primavera. Nel Paese, che ha 46 milioni di abitanti, ci sono più di 1.000 seminaristi, oltre 400 dei quali nella capitale Bogotà.

“C’è molta solidarietà tra le Diocesi che ho visitato e le altre – ha riconosciuto Legorreta -. La comunità cattolica vuole davvero aiutare”.

Tra i progetti di ACS che ha visitato c’è la chiesa ricostruita a Bayavista, nella Diocesi di Quebdo, bombardata nel 2002 apparentemente per sbaglio.

“Fuori la chiesa c’è una targa con scritto ‘Grazie ACS’ – ha affermato -. La chiesa è un simbolo del bisogno di riconciliazione e di guarigione dopo un periodo di grandi sofferenze”.

La Colombia è ai primi posti dei progetti di Aiuto alla Chiesa che Soffre. L’anno scorso l’associazione ha fornito 1,2 milioni di euro per aiutare la Chiesa sofferente del Paese.

ACS è un’associazione di diritto pontificio nata con una campagna di aiuto lanciata nel 1947 dal monaco premonstratense Werenfried van Straaten. Attualmente, sovvenziona progetti in 140 Paesi con i fondi ottenuti dai suoi uffici in 17 Paesi.

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ZENIT Staff

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