Accoglienza "molto positiva" dei superiori religiosi al documento sull'autorità

I generali dei Gesuiti e degli Scolopi commentano l’Istruzione vaticana

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di Miriam Díez i Bosch 

CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 4 giugno 2008 (ZENIT.org).- ZENIT ha interpellato i superiori generali di due ordini maschili, la Compagnia di Gesù e gli Scolopi, entrambi con secoli di vita religiosa alle spalle, circa la recente Istruzione vaticana sull’autorità e l’obbedienza nella vita religiosa.

I superiori, entrambi spagnoli, concordano su una valutazione molto positiva del documento “Il servizio dell’autorità e l’obbedienza“, appena emesso dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. 

L’Istruzione ha come sottotitolo “Faciem tuam, Domine, requiram” ed è stata firmata l’11 maggio dal prefetto della Congregazione, il Cardinale Franc Rodé, C.M.

Il superiore dei Gesuiti 

“La mia valutazione del documento è molto positiva. Credo che sia stato scritto, elaborato e ripetutamente arricchito con apporti misurati con cura”, ha confessato il nuovo generale dei Gesuiti, padre Adolfo Nicolás, S.J.

Per la guida della Compagnia di Gesù, il testo “a livello teologico e spirituale è centrato su Gesù e sulla sua obbedienza al Padre”, “un buon punto di partenza che si adatta facilmente alla maggior parte dei religiosi o delle religiose a cui è rivolto il documento”. 

Secondo il successore di Sant’Ignazio di Loyola, “il documento non vuole apportare grandi novità, ma semplicemente esprimere il modo di vivere della vita consacrata, rendendo espliciti la sua motivazione e i suoi orientamenti di fondo”.

Padre Nicolás afferma che “se, in un esercizio di cooperazione fraterna per migliorare il documento, venissimo invitati a indicare alcuni punti che potrebbero essere ulteriormente elaborati”, ne avrebbe alcuni da proporre. 

“E’ giusto centrare la riflessione su Gesù e sulla sua obbedienza al Padre – ha osservato -, ma forse bisognerebbe prolungare la riflessione fino a scoprire come Gesù stesso sia guidato dallo Spirito fin dall’inizio della sua vita pubblica (come esplicita il Vangelo secondo San Marco). La lunga tradizione del discernimento spirituale, così centrale nell’obbedienza, è largamente fondata sull’attenzione e sulla sensibilità nei confronti dei segni dello Spirito nella vita e nel cuore dei fedeli”.

“Il documento sottolinea a ragione l’importantissima funzione delle ‘mediazioni’ umane (istituzioni, processi, persone – a partire dal superiore e includendo la comunità in cui viviamo -, legge morale, norme e regolamenti, ecc.)”, ha proseguito il superiore.

Anche se “ciò è giusto ed è necessario per un’obbedienza ragionevole e realista”, padre Nicolás rileva che, “muovendoci con mediazioni umane, è difficile che siano esenti da elementi culturali, ideologici, preferenze personali e altri fattori che influiscono sul nostro giudizio circa la verità e la realtà. Bisognerebbe sottolineare con più cura le riserve, le condizioni e i parametri all’interno dei quali queste mediazioni possono realmente aprirci la via verso la Volontà di Dio”.

“Tutti abbiamo sperimentato qualche volta nella nostra vita che le mediazioni non ci hanno sempre aiutato a incontrare la bontà e la giustizia di Dio – ha riconosciuto -. A volte hanno potuto anche ostacolare questo incontro”. 

“Non possiamo dimenticare che Gesù, il modello della nostra obbedienza, ha trattato in modo piuttosto aspro mediatori e mediazioni che al suo tempo pretendevano di essere i garanti indiscutibili della Volontà di Dio”.

Per questo, il superiore dei Gesuiti ha ammesso che cercherebbe nel documento “qualche angolo in cui poter includere l’elemento ‘sorpresa’, che è compagno inseparabile, anche se inaspettato, di ogni discernimento reale e profondo”. 

“Se ciò che cerchiamo realmente con tutta l’anima è la Volontà di Dio, e Dio è libero di guidare e manifestarsi a quanti lo cercano, bisogna lasciare una porta aperta alla sorpresa. La Bibbia è una testimonianza continuata di quanto costi a noi umani vivere aperti alla novità di Dio. Già questo ci dice qualcosa delle mediazioni e del loro carattere limitato”.

“E’ un’espressione che richiede delle spiegazioni”, ha osservato, “ma che non si può ignorare e che offe un’ampia considerazione a quanti hanno come parte della propria missione aiutare gli altri a cercare la Volontà di Dio”.

“Che l’obbedienza possa rappresentare un supremo atto di libertà mi sembra del tutto giusto e vero”, ha confessato, sottolineando che questo “ovviamente non succede in modo meccanico o automatico”. 

“Che una persona possa crescere immensamente nella libertà personale uscendo da se stessa per vivere in apertura totale all’orizzonte di Dio e al cammino di Gesù mi sembra non solo una realtà evidente, ma anche una prospettiva umanamente incoraggiante e che dà grande speranza”.

“Ciò indica la purificazione radicale alla quale dobbiamo sottoporre i nostri concetti di obbedienza, con particolare attenzione al concetto di senso comune nel quale ci muoviamo con tanta nonchalance“. 

Il superiore degli Scolopi 

Per padre Jesús María Lecea, generale dei religiosi delle Scuole Pie, l’Istruzione “Il servizio dell’autorità e l’obbedienza” è un testo “suggestivo e positivo per ravvivare nella vita dei religiosi il senso evangelico del voto di obbedienza come sequela di Cristo obbediente”.

“Al di là dell’aspetto disciplinare, il documento presenta il significato teologico e pastorale del servizio dell’autorità e dell’esercizio dell’obbedienza. Questo è applicabile a tutti, superiori e compagni di comunità”, ha sottolineato il successore di San Giuseppe Calasanzio. 

“Se nei contenuti non rappresenta una novità visto che segue la dottrina di documenti recenti come ‘Vita fraterna in comunità’ (1994), ‘Vita Consecrata’ (1996) e ‘Ripartire da Cristo’ (2002), risulta nuovo in alcuni aspetti come il servizio dell’autorità al di sopra del potere, la ricerca comune (superiori e fratelli) della volontà di Dio, la dignità della persona nell’offerta della propria libertà, l’assistenza pastorale da dare nei momenti conflittuali”.

Padre Lecea sottolinea che “l”autorità’ del superiore viene cementata nella sua esperienza di obbedienza al Vangelo e al progetto di vita della sua Congregazione”. 

“Dalla pratica dell’obbedienza si acquisisce autorità di fronte ai fratelli – ha aggiunto -. E questi vedono nei loro superiori delle mediazioni necessarie per unire volontà alla ricerca della volontà di Dio, per poter così esercitare meglio la missione apostolica e conseguire frutti migliori da questa”.

Il superiore degli Scolopi ha infine ricordato l’importanza dell’applicazione “sia nel contesto della vita comunitaria che in quello dell’esercizio della missione specifica della Congregazione o dell’Istituto”. 

Il testo, sostiene, “darà nuovo impulso alla vita religiosa in qualcosa che per questa è fondamentale: la ricerca del volto di Dio nella nostra storia umana”.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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