A trent'anni dal referendum sul divorzio a perdere è stata la famiglia

ROMA, giovedì 6 maggio 2004 (ZENIT.org).- Il 12 maggio 1974 si votò in Italia per il referendum sul divorzio. Con il risultato che tre italiani su cinque (59,1%) votarono a suo favore.

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I sostenitori del divorzio parlarono di una grande vittoria civile, ma a distanza di trenta anni i risultati dal punto di vista sociale sono drammatici.

Nel 1980 su 323.000 matrimoni (tra civili e concordatari) sono state 29.000 le separazioni (9,1%). Nel 2000 sono diminuiti i matrimoni arrivando a 280.000, mentre si sono moltiplicate le separazioni 72.000 (25,7%).

In trent’anni i divorzi si sono moltiplicati, i matrimoni sono diminuiti, la gente si sposa più tardi e si separa presto, senza contare l’esborso di denaro che comporta la vita da separati.

Intervistato dal quotidiano cattolico “Avvenire” (6 maggio 2004) Monsignor Vinicio Albanesi, presidente del tribunale ecclesiastico di Ascoli Piceno, ha spiegato che “la questione è seria. C’è una trasformazione dello scenario antropologico che attacca sia le unioni religiose che quelle civili. L’instabilità si diffonde ovunque”.

“Fra le richieste di annullamento avute nel 2003 – ha precisato Albanesi – un quarto dei matrimoni non aveva superato i dodici mesi, e il 70% non aveva figli. Quasi tutte coppie appena all’inizio della vita in comune, dall’età media sui 39, 40 anni per gli uomini e sui 35, 36 per le donne”.

“E’ cambiato l’approccio alla vita di coppia – ha constatato il Presidente del Tribunale Ecclesiastico – fra la propria (presunta) felicità e i doveri morali, vince sempre la prima. Io divento il centro dell’universo che deve essere felice”.

“Narcisismi scarsa responsabilità interessi particolari sono spesso alla base di fallimenti matrimoniali che vengono genericamente definiti incompatibilità di carattere”, ha continuato il prelato.

Per chiarire Albanesi ha fatto l’esempio dei figli. “Se sono un impedimento alla mia felicità, non ne faccio. Se disturbano il mio fisico, la mia libertà, la mia carriera, se mi procurano problemi economici o semplicemente non mi permettono di sistemare casa come desidero, perchè devo averne?”

Con lo stesso approccio si dice: “Se quarant’anni mi viene il capriccio di avere un figlio lo faccio da sola anche senza partner stabile. Perchè è mio diritto la maternità”.

Di fronte a questa cultura dell’irresponsabilità, Albanesi ha concluso: “Dobbiamo mettere accanto alla Verità anche l’accompagnamento umano da parte nostra”.

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ZENIT Staff

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