A scuola di preghiera con l'Apocalisse

Un commento all’ultima Udienza Generale di Benedetto XVI

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di Massimo Introvigne

ROMA, giovedì, 6 settembre 2012 (ZENIT.org).- Nell’udienza del 5 settembre Benedetto XVI ha ripreso il ciclo biblico della sua «scuola della preghiera» con un’originale meditazione sull’Apocalisse. Pochi sanno che l’Apocalisse non ha lo scopo principale d’informarci su eventi futuri. Ci mostra la prima comunità cristiana in preghiera. «Un  lettore presenta all’assemblea un messaggio affidato dal Signore all’Evangelista Giovanni. Il lettore e l’assemblea costituiscono, per così dire, i due protagonisti dello sviluppo del libro; ad essi, fin dall’inizio, viene indirizzato un augurio festoso: “Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia” (1,3). Dal dialogo costante tra loro, scaturisce una sinfonia di preghiera, che si sviluppa con grande varietà di forme fino alla conclusione. Ascoltando il lettore che presenta il messaggio, ascoltando e osservando l’assemblea che reagisce, la loro preghiera tende a diventare nostra».

Nella prima parte dell’Apocalisse (1,4-3,22) questa preghiera è descritta in  tre fasi successive. La prima (1,4-8) ci presenta un dialogo «che – unico caso nel Nuovo Testamento – si svolge tra l’assemblea appena radunata e il lettore, il quale le rivolge un augurio benedicente: “Grazia a voi e pace” (1,4)». Questa pace, spiega il lettore, viene dalle tre persone della Trinità. «L’assemblea ascolta e, quando sente nominare Gesù Cristo, ha come un sussulto di gioia e risponde con entusiasmo»: «A colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen» (1,5b-6).

«Già questi primi quattro versetti – commenta il Papa – contengono una grande ricchezza di indicazioni per noi; ci dicono che la nostra preghiera deve essere anzitutto ascolto di Dio che ci parla. Sommersi da tante parole, siamo poco abituati ad ascoltare, soprattutto a metterci nella disposizione interiore ed esteriore del silenzio per essere attenti a ciò che Dio vuole dirci». Un’altra indicazione preziosa è che «la nostra preghiera, spesso solo di richiesta, deve essere invece anzitutto di lode a Dio».

Ma quando l’assemblea si trova così «afferrata dall’amore di Cristo», il lettore la esorta «a coglierne la presenza nella propria vita». Dice così: «Ecco, viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo trafissero, e per lui tutte le tribù della terra si batteranno il petto» (1,7a). L’assemblea qui «medita sull’amore di Dio manifestato in modo supremo sulla Croce e chiede di vivere con coerenza da discepoli di Cristo». E il testo presenta anche la risposta di Dio: «Io sono l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!» (1,8). «Dio, che si rivela come l’inizio e la conclusione della storia, accoglie e prende a cuore la richiesta dell’assemblea. Egli è stato, è, e sarà presente e attivo con il suo amore nelle vicende umane, nel presente, nel futuro, come nel passato, fino a raggiungere il traguardo finale».

Il fatto che Dio stesso intervenga a sanzionare la preghiera dell’assemblea con una vera e propria promessa insegna qualcosa anche a noi oggi: «la preghiera costante risveglia in noi il senso della presenza del Signore nella nostra vita e nella storia». Inoltre, «ogni preghiera, anche quella nella solitudine più radicale, non è mai un isolarsi e non è mai sterile, ma è la linfa vitale per alimentare un’esistenza cristiana sempre più impegnata e coerente».

La seconda fase della preghiera dell’assemblea (1,9-22) inizia con il lettore che presenta una speciale esperienza di San Giovanni nell’isola di Patmos.  Qui egli è «preso dallo Spirito» (1,10a). Giovanni ode «una voce potente, come di tromba» (1,10b): la voce gli chiede di mandare un messaggio «alle sette Chiese» (1,11) che si trovano nell’Asia Minore – «e, attraverso di esse, a tutte le Chiese di tutti i tempi, unitamente ai loro Pastori».

L’espressione «voce … di tromba», nota il Pontefice, viene dal libro dell’Esodo (cfr 20,18),  e «richiama la manifestazione divina a Mosè sul monte Sinai». Quando si volta «per vedere la voce» (1,12), Giovanni vede invece «sette candelabri d’oro e, in mezzo ai candelabri, uno simile a un Figlio d’uomo» (1,12-13), cioè Gesù. «I candelabri d’oro, con le loro candele accese, indicano la Chiesa di ogni tempo in atteggiamento di preghiera nella Liturgia: Gesù Risorto, il “Figlio dell’uomo”, si trova in mezzo ad essa e, rivestito delle vesti del sommo sacerdote dell’Antico Testamento, svolge la funzione sacerdotale di mediatore presso il Padre». Il Risorto appare con i «capelli… candidi, simili a lana candida come neve» (1,14), un «simbolo dell’eternità di Dio (cfr Dn 7,9) e della Risurrezione».  E «i suoi occhi erano come fiamma di fuoco» (Ap 1,14a): occhi che possono vincere il male come il «fuoco divoratore» dell’Antico Testamento  (Dt 9,3). E anche «i piedi» di Gesù, «in cammino per affrontare e distruggere il male», brillano come «bronzo splendente» (Ap 1,15). La voce di Gesù,  poi, «simile al fragore di grandi acque» (1,15c), «ha il frastuono impressionante “della gloria del Dio di Israele” che si muove verso Gerusalemme, di cui parla il profeta Ezechiele (cfr 43,2)».

Seguono altri tre elementi simbolici, che mostrano «quanto Gesù Risorto stia facendo per la sua Chiesa»: «la tiene saldamente nella sua mano destra – un’immagine molto importante: Gesù tiene la Chiesa nella sua mano – le parla con la forza penetrante di una spada affilata, e le mostra lo splendore della sua divinità:”ill suo volto era come il sole quando splende in tutta la sua forza” (Ap 1,16)». Giovanni «cade come morto», ma Gesù lo rassicura.

Nella terza fase della prima parte dell’Apocalisse (Ap 2-3), il lettore propone all’assemblea un messaggio   in cui Gesù parla alle sette Chiese situate nell’Asia Minore intorno ad Efeso. Qui  «il discorso di Gesù parte dalla situazione particolare di ciascuna Chiesa, per poi estendersi alle Chiese di ogni tempo». Si tratta di un invito sempre valido: «Convertiti» (2,5.16; 3,19c); «Tieni saldo quello che hai» (3,11); «compi le opere di prima» (2,5); «Sii dunque zelante e convertiti» (3,19b).  «L’assemblea ascolta il messaggio ricevendo uno stimolo per il pentimento, la conversione, la perseveranza, la crescita nell’amore, l’orientamento per il cammino». La preghiera e l’obbedienza al Risorto e alla Chiesa salvano da ogni situazione di crisi, in ogni tempo. È questo il vero messaggio dell’Apocalisse.

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ZENIT Staff

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