A Betlemme, nel segno del dialogo con l’islam e alle radici dell’essere cristiani

Intervista a Charlie Abou Saada, Direttore di un Forum per la gioventù cristiana

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BETLEMME, martedì, 19 dicembre 2006 (ZENIT.org).- A Betlemme esiste da due anni un centro rivolto ai giovani che attraverso la cultura intende essere un segno di pace e di speranza per i cristiani arabi, oltre che un luogo privilegiato di dialogo fra cristiani e musulmani.

Il suo nome è “Juthouruna Youth Forum” ed è mirato in particolare a richiamare i giovani alle loro radici cristiane.

In questa intervista concessa a ZENIT, il suo Direttore, Charlie Abou Saada, 35 anni, membro della comunità greco-cattolica melkita, ha spiegato che il Forum pubblica una rivista, l’unica cristiana in lingua araba indirizzata ai giovani e fatta dai giovani della Terra Santa, che muove dalla lettura attenta e meditata della Sacra Scrittura per aprirsi alle diverse problematiche odierne.

Accanto alla rivista esiste anche un sito Internet, che serve a mettere in collegamento i giovani cristiani locali, così come un progetto per un programma TV e un programma radiofonico in lingua araba incentrati sui cristiani di Terra Santa, e che punta al dialogo con il mondo musulmano.

Figlio del parroco della chiesa melkita cattolica di Betlemme, Charlie Abou Saada ha studiato al Pontificio Istituto Orientale a Roma, dove ha conseguito il dottorato in Diritto Canonico, e dove tuttora insegna. Inoltre, è docente presso l’Università cattolica di Betlemme e giudice ecclesiastico.

Il gruppo che lavora al “Juthouruna Youth Forum” è costituito da 9 giovani, mentre il numero delle persone che ogni mese si collegano al sito web o che ricevono la rivista va da 20.000 a 23.000.

Innanzitutto, quando e come nasce il “Juthouruna Youth Forum”, e qual è la sua finalità?

Charlie Abou Saada: Il “Juthouruna Youth Forum” è nato più di due anni fa a Betlemme, in seno alla Chiesa Melkita Cattolica, con lo scopo di raggruppare gli sforzi dei giovani cristiani in Terra Santa, e quindi per rafforzare i loro principi cristiani e la loro fede, impegnandoli allo stesso tempo in più attività in modo da farli sentire parte della società. Juthouruna vuol dire “le nostre radici”. Abbiamo passato più di due anni a visualizzare e comprendere ciò che possiamo e vogliamo fare. Durante questi incontri preghiamo e discutiamo le nostre problematiche e difficoltà, cerchiamo di dare delle risposte e quindi alimentare la speranza sia in noi stessi che nei giovani.

So che pubblicate una rivista in lingua araba, la sola peraltro cristiana in Terra Santa. Quali sono gli argomenti affrontati, i contenuti e il taglio editoriale?

Charlie Abou Saada: Sì, è l’unica rivista cristiana in lingua araba indirizzata ai giovani e fatta dai giovani. Cerchiamo di mettere per iscritto la nostra fede, i nostri principi, le difficoltà, i sogni e le prospettive… Non è stato facile cominciare, perché i giovani non avevano mai avuto la possibilità di scrivere. Ma siamo arrivati alla sesta edizione. Si chiama “Juthouruna”, per richiamare i giovani alle loro radici cristiane, quindi alla fede in Gesù Cristo, nato proprio a Betlemme e risorto a Gerusalemme. Noi cristiani palestinesi siamo la continuità di quella Chiesa nata a Pentecoste a Gerusalemme. Siamo fieri di esserlo, ma per professare la nostra fede ed esistenza dobbiamo ogni giorno pagare un bel prezzo nella nostra vita quotidiana.

La rivista intende parlare ai giovani. Partiamo dalla Parola di Dio per arrivare alla pagina spirituale, etica e morale, alla pagina ecumenica, poi parliamo di un santo (preferibilmente arabo), c’è quindi la pagina liturgica con domande e risposte, e una rassegna stampa con articoli scritti da musulmani che parlano dei cristiani arabi. Anche qui cerchiamo di unire e quindi cerchiamo quegli scrittori e articoli che incoraggiano il dialogo tra cristiani arabi e musulmani. Poi c’è la pagina delle notizie, dove diamo la possibilità ai lettori di conoscere ciò che avviene nella vita della Chiesa. Da notare che sia nella rivista che nel nostro sito internet (www.juthouruna.com) ci sono delle notizie su tutte le chiese e parrocchie. Si tratta di un servizio ecumenico molto importante e siamo i primi a fare un servizio del genere. Il messaggio che vogliamo presentare è quello della fratellanza e del dialogo tra i cristiani stessi e tra questi e i musulmani. Ci serviamo quindi della cultura per avvicinare la gente e i giovani ai loro fratelli.

Quali sono i principali problemi etici e morali in Terra Santa che affrontate nella rivista?

Charlie Abou Saada: Cerchiamo di affrontare le problematiche del giorno. Dovete sapere che a causa della guerra continua e della situazione sociale ed economica, ed anche del muro di separazione, i nostri giovani cercano altri mezzi per uscire dalla routine della vita quotidiana. È chiaro che non sempre questi mezzi sono morali. Secondo l’ONU in Palestina c’è la percentuale più alta di malati di cuore, ma abbiamo anche il problema della droga, i problemi psicologici soprattutto nei bambini e quelli legati all’accettazione dell’altro…

Quali sono le difficoltà incontrate nelle vostre attività e nella diffusione di una cultura, un sentire cristiano?

Charlie Abou Saada: I principali problemi che abbiamo affrontato all’inizio della nostra attività erano legati al fatto che la società orientale in generale non è una società lettrice, quindi è stato per noi una sfida iniziare il discorso della rivista. Ma andando avanti nel tempo, abbiamo visto che i giovani ci chiedevano del numero successivo, e che nelle scuole venivano letti alcuni articoli per poi essere commentati. Inoltre, non era facile convincere i giovani a scrivere, a mettere per iscritto i loro pensieri, e in questo abbiamo fatto un passo in avanti. Ci sono infatti sempre più giovani che ci mandano degli articoli e commenti da pubblicare.

Qual è la presenza dei giovani cristiani nei Territori palestinesi? Qual è il problema maggiore che li affligge? Fate qualcosa per frenare la loro fuga?

Charlie Abou Saada: Siamo l’1.5 % della popolazione. Ma il nostro numero non corrisponde a quello dei cristiani palestinesi nella società. Ci sono due direzioni per quanto riguarda la partecipazione dei giovani cristiani nella vita pubblica: chi non si interessa affatto, affermando che siamo pochi e non possiamo fare nulla per migliorare le nostre condizioni di vita; e chi, non tanti per la verità, non sente di dover fare parte della società locale.

Il nostro compito è quello di incoraggiare questi giovani nell’inserirsi nelle varie attività sociali e politiche. Lo scorso settembre abbiamo ospitato durante un incontro il dott. Bernard Sabella, un parlamentare palestinese cristiano di Gerusalemme. Ha discusso con più di cento giovani il loro ruolo nella vita quotidiana. Io stesso nella quinto edizione della rivista ho parlato del dovere dei giovani cristiani di partecipare in maniera decisiva alla politica e alla vita sociale nei nostri territori. È chiaro che tutto questo ha lo scopo di frenare la fuga dei cristiani dalla Terra Santa. Sentirsi parte importante della società li aiuta a restare nella loro patria.

Sulla base della sua esperienza, i giovani musulmani e cristiani riescono a portare avanti un dialogo fruttuoso, se messi nelle condizioni necessarie per farlo?

Charlie Abou Saada: Certo. All’Università Cattolica di Betlemme insegno un corso insieme ad altri sacerdoti di “introduzione al cristianesimo” agli studenti del quarto anno accademico. La stessa cosa la fa un professore musulmano. Non è facile partire all’inizio di ogni semestre, ma andando avanti essi scoprono la necessità e il valore di conoscersi. Arriviamo alla fine del corso con degli studenti musulmani “trasfigurati”, e cambia di conseguenza il loro giudizio su di noi. Cominciano così a parlare di tutto questo nelle loro case, e addiritt
ura vanno a dire ai loro capi religiosi quello che hanno appreso a scuola. Un corso del genere è unico in tutto il mondo, e porterà sicuramente in futuro dei frutti meravigliosi.

Avete progetti concreti nel cassetto (radio, televisione, organi di stampa…) per diffondere maggiormente la vostra iniziativa?

Charlie Abou Saada: Poiché la rivista va benissimo, e pure il sito, abbiamo iniziato a mettere in piedi un progetto più vasto e impegnativo. Si tratta di un programma TV e un programma radiofonico incentrati sui cristiani di Terra Santa. Parleremo in arabo e daremo l’occasione ai cristiani arabi che sono nel Medio Oriente di visitare la Terra Santa tramite il satellite e la radio. Parleremo della nostra vita, delle notizie, delle tradizioni e del dialogo con i musulmani. Sapete che gli arabi musulmani non possono venire in pellegrinaggio in Terra Santa, non possono toccare questa terra né baciarla, quindi abbiamo pensato di fare arrivare la Terra Santa nelle loro case, ovunque esse siano.

Parliamo di circa 18 milioni di arabi cristiani sparsi nel Medio Oriente. È un progetto ambizioso e importante che aiuta ad avvicinare i cristiani con se stessi, non dimenticando che siamo un ponte tra l’Occidente e l’Oriente musulmano. Quindi questo ponte deve essere sano per fare da vero ponte. Dall’altra parte visto che il programma sarà in lingua araba, parlerà indirettamente di musulmani. Dialogheremo con i musulmani con questo mezzo che sicuramente porterà a più tolleranza da entrambi le parti e quindi a conoscerci.

[Per ulteriori informazioni potete rivolgervi a: Dott. Charlie Abou Saada, Direttore di “Juthouruna Youth Forum”, Betlemme, E mail juthourbeth@yahoo.com, Sito Internet: www.juthouruna.com; Per chi volesse sostenere questa iniziativa è possibile inviare denaro a: THE ROUM CATHOLIC MELKITE CHURCH, Fr. YÀCOUB ABOU SÀDA, CAIRO – AMMAN BANK, BETHLEHEM BRANCH NUMERO: 66-807, NUMERO DI CONTO: 449509; oppure a Fortis bank, Swift : GEBABEBB36A, ACCOUNT NUMBER: 291-114136-563-EURO-0]

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ZENIT Staff

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