5 anni e 200 attacchi a chiese in Indonesia

Il Presidente non risponde

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GIAKARTA, mercoledì, 22 giugno 2011 (ZENIT.org).- Dal 2006, ci sono stati più di 200 attacchi a chiese in Indonesia, ma il Presidente viene considerato “piuttosto reticente” nel difendere la minoranza cristiana del Paese.

Theophilus Bela, presidente del forum comunitario Jakarta Christian, ha parlato di questo problema con l’organizzazione caritativa internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), sottolineando che nei primi cinque mesi di quest’anno si sono verificati 14 attacchi a chiese, e in tutto il 2010 ne sono stati registrati 46.

Bela incolpa l’Amministrazione del Presidente Susilo Bambang Yudhoyono di non fare abbastanza per affrontare la violenza islamista anticristiana.

“Il Presidente Yudhoyono dorme se c’è un attacco alle chiese cristiane”, ha denunciato. “Se il Presidente dorme, la Polizia fa lo stesso”.

Yudhoyono è giunto alla Presidenza del Paese nel 2004; da allora ci sono stati 286 attacchi a chiese,  più che in qualsiasi altro periodo ad eccezione della sollevazione politica nel Paese alla fine degli anni Novanta del XX secolo.

“Il signor Yudhoyono dà l’impressione di essere piuttosto reticente nel difendere i cristiani”, ha affermato Bela.

A suo avviso, i 28,5 milioni di cristiani continuano ad essere il gruppo religioso più perseguitato del Paese.

In Indonesia solo il 3% della popolazione è cattolico e circa il 6% è protestante. La maggioranza, l’86%, è di religione musulmana.

Circa l’aumento a lungo termine degli attacchi estremisti contro i cristiani, Bela ha spiegato che i musulmani delle città hanno reagito male all’arrivo dei cristiani provenienti da aree rurali alla ricerca di impieghi creati dagli investimenti del Governo in fabbriche e altre attività.

Ad ogni modo, ha sottolineato, i templi continuano ad essere pieni.

“Noi cristiani non abbiamo paura perché siamo cittadini di questo Paese, come altri gruppi della nostra società”, ha segnalato.

“Il nostro Paese si basa su un’ideologia pluralista”, ha aggiunto, “e non abbiamo una religione di Stato”.

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ZENIT Staff

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