2.500 posti in 93 Diocesi italiane per accogliere profughi e immigrati

Annuncio del segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana

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di Chiara Santomiero

ROMA, venerdì, 1° aprile 2011 (ZENIT.org).- Duemilacinquecento posti distribuiti in 93 Diocesi sono a disposizione per l’accoglienza dei profughi che i conflitti in Nord Africa stanno spingendo sulle coste italiane.

Lo ha annunciato il segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), mons. Mariano Crociata, illustrando oggi a Roma in conferenza stampa il comunicato finale del Consiglio permanente dell’organismo dei Vescovi italiani, svoltosi dal 28 al 30 marzo scorsi.

Le strutture disponibili per l’accoglienza nelle Diocesi italiane afferiscono direttamente o indirettamente alle Caritas; duecento posti sono stati trovati nella “Casa della fraternità” dell’Arcidiocesi di Agrigento, “la più esposta – ha spiegato Crociata – all’emergenza profughi per la presenza nel suo territorio dell’isola di Lampedusa e, per questo, anche la più sostenuta da Caritas italiana”.

Si tratta di un segno concreto, ha affermato mons. Crociata, che si accompagna “all’incoraggiamento all’accoglienza verso persone che rischiano la vita, non solo per venire in Italia ma già nei Paesi d’origine, che la Chiesa italiana rivolge a tutti”. Anche all’Europa.

Infatti, “un coinvolgimento degli altri Paesi dell’Unione, sia per quanto riguarda l’emergenza immediata che per le esigenze di più lunga durata, rappresenta un test del livello di tenuta dello stesso processo di unificazione europea che non può essere limitato all’aspetto economico, ma deve investire soprattutto quello sociale”. Un “metodo” quindi, quello del coinvolgimento dei Paesi europei, per creare “una cultura condivisa”.

Significativo il richiamo del Card. Bagnasco alla “necessità che l’Europa che è, non da oggi, in debito verso l’Africa sappia evitare l’illusione di poter vivere sicura chiudendo le porte al grido dei popoli in difficoltà: soltanto autentiche politiche di cooperazione potranno assicurare a tutti sviluppo e pace duratura”.

A questo riguardo “la Chiesa in Europa non è insensibile”, ha affermato mons. Crociata, preannunciando un intervento del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee sull’emergenza umanitaria determinata dalle tensioni politiche in Nord Africa.

Sull’intervento militare in Libia “la preoccupazione costante dei Vescovi – ha sottolineato Crociata – è stata la tutela dei civili inermi e dei più deboli, che muta a seconda delle circostanze”, nella convinzione che “vada perseguita la strada della diplomazia come premessa per individuare una ‘via africana’ per il superamento dei conflitti”.

Nel corso dei lavori del Consiglio permanente, “alla lettura credente del momento presente” si è accompagnata la “valutazione del momento culturale in Occidente”, che “riguarda anche il modo di reagire a queste situazioni di crisi”.

La tentazione di chiudersi nel particolare e nel privato, frutto di un “paradigma antropologico che sostituisce la persona con l’individuo”, interpella, secondo mons. Crociata, “il nostro sforzo educativo”, richiamando alla necessità di “aprire a una visione più ricca dell’essere umano non solo come individuo ma come essere sociale”.

In questa temperie culturale si inserisce il problema demografico, al quale sarà dedicato il prossimo
Rapporto del Progetto culturale della CEI. Da questo emerge “non solo il dato statistico presente ormai da anni del calo delle nascite, ma soprattutto una cultura di timore verso il futuro e di chiusura verso la vita”.

“Non è improprio – ha proseguito il segretario della CEI rispondendo a una domanda dei giornalisti – l’accostamento tra la chiusura nei confronti della vita nascente e la chiusura di fronte alla vita nella sua fase finale”. Quello delle Dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat), di cui si è parlato durante il Consiglio permanente, è “un aspetto della difesa della vita e del problema della chiusura nei confronti della vita”. Si tratta di “una cultura che deve cambiare”, quella di un individualismo “che fa vivere nell’illusione di poter bastare a se stessi, di poter vivere da soli”.

Un problema, quello dell’individualismo “alle cui lusinghe non sono immuni nemmeno i sacerdoti”, come afferma il comunicato stampa finale del Consiglio permanente. “Non si tratta di un giudizio generalizzato – ha spiegato Crociata chiarendo questa espressione per i giornalisti –, ma dell’invito a lavorare insieme per superare la difficoltà offerta da un contesto culturale nel quale tutti siamo immersi”.

Il segretario dei Vescovi ha fatto anche riferimento al sostentamento del clero e alla campagna che verrà presentata tra breve in una apposita conferenza stampa, sottolineando che fa parte di “un impegno educativo per far sentire ai fedeli l’esigenza della partecipazione” e “per sensibilizzare sull’importanza di un intervento per sostenere i preti che generosamente si spendono in favore delle loro comunità”.

“Il calo degli studenti che in Italia chiedono l’insegnamento della religione a scuola – ha detto infine mons. Crociata rispondendo ad una domanda sulla scuola – non è significativo”. La CEI sottolinea, al contrario, la “conferma da parte delle famiglie e degli studenti nei confronti di un servizio culturale e formativo che nasce dalla necessità di capire e conoscere la tradizione culturale in cui ci troviamo”.

A riprova di questo, “sempre più ragazzi immigrati, testimoniano i Vescovi, chiedono l’ora di religione perché questo insegnamento è riconosciuto e percepito come uno strumento per inserirsi compiutamente nel nostro contesto culturale”.

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ZENIT Staff

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