1968: dopo il diluvio, la luce

Analisi e sviluppi della rivoluzione del ’68 nel libro di Enzo Peserico

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di Antonio Gaspari

ROMA, lunedì, 28 luglio 2008 (ZENIT.org).- Con il titolo “Gli anni del desiderio e del piombo- Sessantotto terrorismo e rivoluzione” (Sugarco Edizioni, 244 pagine, 18 Euro), è arrivato in libreria il volume scritto da Enzo Peserico, docente di master all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, prematuramente scomparso.

Tra i tanti libri che sono usciti per celebrare, analizzare e criticare il 1968, quello di Enzo Peserico ha il pregio di riuscire a vedere in quegli anni tragici l’occasione di una conversione sociale, l’inizio di una nuova evangelizzazione, i cui semi sono fecondati sotto il pontificato di Giovanni Paolo II e cominciano a dar frutti nel pontificato di Benedetto XVI.

Con un’analisi dettagliata e competente, Peserico racconta quel fenomeno culturale, sociale e politico conosciuto come il ’68, come gli anni della rivoluzione giacobina.

L’autore racconta in dettaglio come nella prima fase si sia assistito a una disgregazione sistematica dei valori dominanti. Una seconda fase ha visto un’aggregazione di tipo ideologico marxista-leninista dei movimenti e dei collettivi, sfociata nella promozione di azioni violente di sabotaggio e nei primi attentati. Una terza fase ha visto infine una guerriglia diffusa, con i gruppi terroristici convinti di riuscire a imporre una rivoluzione di tipo socialista.

Nell’introduzione al libro, Mauro Ronco racconta delle prime occupazioni studentesche delle università, dell’intolleranza violenta dei “collettivi” socialcomunisti e dell’impossibilità da parte degli studenti che volevano studiare di resistere al giacobinismo dilagante.

Sotto accusa, da parte dei sessantottini, l’autorità degli insegnanti, la legittimità dello studio rigoroso e sistematico e degli esami, il rispetto di un punto di vista diverso da quello marxista-leninista e l’uso morale della libertà.

Ronco racconta che in un’assemblea tenuta a Palazzo Campana a Torino il professor Antonio Maddalena, insigne docente di Greco, intervenne coraggiosamente spiegando che la lotta all’autoritarismo era un pretesto da parte dei sessantottini per demolire la giusta e legittima missione dei docenti, che il progresso è segnato dalla legge dell’impegno, che la cultura si guadagna con lo studio assiduo e la rinuncia alla soddisfazione immediata, che la libertà è per il bene e che non esiste libertà senza rispetto della norma morale oggettiva, ma venne, deriso, subissato di fischi e urla e gli fu impedito di parlare ancora.

Peserico riporta come la società fosse travolta da un’ondata di giacobinismo impossibile da arginare. Libri, film, articoli di giornali, tutti erano indirizzati ad alimentare l’ideologia rivoluzionaria. Tutti gli atti, anche i più violenti, trovavano l’appoggio dei gruppi culturali dirigenti.

I giovani vennero così eccitati e alimentati da un’ideologia rivoluzionaria condita da una vasta diffusione della pornografia e delle droghe.

Tra i tanti casi emblematici, l’autore sottolinea gli assassini dello studente Sergio Ramelli e del commissario Luigi Calabresi.

Sergio Ramelli venne barbaramente ucciso a sprangate il 13 marzo 1975 a Milano, solamente perché aveva scritto un tema contro i terroristi delle Brigate Rosse. Il clima era tale che esprimere una critica al pensiero unico marxista era sufficiente per essere accusato di essere fascista.

Questa parola per i collettivi studenteschi era la chiave per emettere la sentenza di morte dei “commissari del popolo”. Così un gruppo di studenti imbevuti di questa ideologia colpì con chiavi inglesi e spranghe Sergio Ramelli fino ad ucciderlo.

Nel caso del commissario Luigi Calabresi, la sentenza di morte era già stata avanzata e scritta dai sostenitori della rivoluzione subito dopo la morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli, caduto da una finestra della Questura di Milano il 16 dicembre del 1969.

I tribunali del popolo indicarono subito, con articoli sui giornali e scritte sui muri, in Calabresi il torturatore e l’assassino di Pinelli. Il settimanale “L’Espresso” raccolse 800 firme di filosofi, pittori, scrittori, psicanalisti, scienziati, registi, politici e sindacalisti su un documento in cui si definiva Calabresi “un commissario torturatore” e “il responsabile della fine di Pinelli”.

Lotta Continua, quotidiano dell’omonimo movimento, minacciò Calabresi il 1° ottobre 1971 scrivendo che sarebbe stato il commissario a “dover rispondere pubblicamente del suo delitto contro il proletariato. E il proletariato ha già emesso la sua sentenza: Calabresi è responsabile dell’assassinio di Pinelli e Calabresi dovrà pagarla cara”.

Quando Luigi Calabresi venne ucciso da un commando terrorista, il 18 maggio 1972, Lotta Continua scrisse che si trattava di un “atto in cui gli sfruttati riconoscono la propria volontà di giustizia”.

Nonostante l’evidenza che Calabresi non avesse nessuna responsabilità per quanto accaduto a Pinelli, nessuno di coloro che l’accusarono ha ritrattato o si è pentito.

La gravità e la quantità degli orrori di quella rivoluzione giacobina conosciuta come Sessantotto si contano nelle tante vittime.

Solo in termini di azioni delittuose, dal 1969 al 1986 in Italia sono morte per atti terroristici 415 persone e 1181 sono state ferite.

Gli attentati contro caserme dei carabinieri, uffici pubblici, carceri, sedi di partito e altri obiettivi sono stati 14.589.

Nel solo 1978, sono almeno 27 le persone che sono state uccise da gruppi terroristi di sinistra. Il 1978 è anche l’anno in cui è stato rapito e ucciso Aldo Moro. L’anno in cui ci sono stati tre Pontefici: Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II. L’anno durante il quale venne approvata e varata la Legge 194 che autorizzava l’aborto in Italia.

Nel capitolo dedicato ai cattolici e a come il giacobinismo abbia cercato di penetrare la Chiesa cattolica, Peserico ricorda le parole di Papa Paolo VI (29 giugno 1972), il quale affermava gravemente che “da qualche fessura” era “entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio”.

L’autore ricorda con rammarico la “grave e numerosa apostasia di milioni di fedeli” e l'”abbandono del sacerdozio o della vita religiosa di decine di migliaia di sacerdoti”.

Peserico denuncia inoltre l’utopia che ha stravolto tanti cuori e menti anche cristiane, ma riconosce come a distanza di quarant’anni quei semi di resistenza cattolica abbiano cominciato a crescere e a dare frutti, sottolineando eventi come la Giornata Mondiale della Gioventù, l’esito del voto sul referendum della legge 40 e il Family Day.

Tutti esempi di come il popolo cattolico italiano stia scrivendo un’altra storia fatta di speranza, ricerca della verità, del bene e della bellezza.

 

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ZENIT Staff

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